Un podalirio (Iphiclides podalirius) si sfama sui fiori della Buddleja. Foto di Andrea Mangoni.

Qualcuno di voi ricorda i vecchi cataloghi della Stassen? La gloriosa vecchia ditta olandese che inviava a domicilio i propri volumi straripanti di piante, fiori e bulbi pronti ad essere spediti nelle nostre fredde lande nei periodi più strani dell'anno? Ecco, la buddleja che ora come ora abbellisce il mio giardino proviene proprio da uno di quei cataloghi. Avevo visto la foto di questo famiferato "albero delle farfalle" con tanto di foto esplicativa delle infiorescenze ricoperte di farfalle morte e spillate (sigh!), e avevo convinto mia mamma a comperarmelo. Facevo le elementari, e ricordo che in quella fredda giornata d'inverno in cui arrivò il pacco quasi mi aspettavo di veder saltar fuori da qualche parte una farfalla ansiosa di mettersi a lambirne i fiori, tanto avevo fantasticato su di essa. Naturalmente, oltre che a non esserci farfalle in gennaio disposte a convalidare i miei sogni, dovetti ridimensionarmi parecchio anche sulla pianta. Non era un albero, ma un arbusto. anche un pò spelacchiato, a prima vista. Venne piantato, quasi con ignominia e un pò di sospetto, nella parte anteriore del giardino, e lì dimenticato fin alla primavera successiva. A Luglio, con sommo piacere, apparvero i primi fiori. Che meraviglia! Lunghe pannocchie conoidali di fiori di un delicato lilla, dal profumo intensissimo, iniziarono ad abbellire la pianta richiamando, nel contempo, torme di insetti. La vanessa Io (Inachis io) è un'altrta delle ospiti fisse dell'albero delle farfalle. Foto di Andrea Mangoni. Eh sì, questo arbusto infatti mantiene davvero fede al suo nome comune! Proveniente dalla Cina, ma oramai naturalizzata in varie parti d'Europa e d'Italia, la Buddleja davidii appartiene alla famiglia delle Scrophulariaceae. Si tratta di una pianta con portamento cespuglioso, che a volte emette forti stoloni... ma ammetto che in tanti anni di coltivazione la mia non l'ha mai fatto! In compenso, oltre alla riproduzione tramite semi questa pianta può essere moltiplicata e propagata pure tramite talee erbacee, da prelevarsi nella bella stagione. E' una pianta che ama il sole e che richiede spazio. Può infatti crescere fino a 4 metri e più, e tende ad allargarsi parecchio. Anche per questo richiede una potatura invernale energica, tale da accorciarne i rami a meno di un terzo di lunghezza; in questo modo si favorirà l'emissione di nuovi e vigorosi getti. Miriam Louisa Rothschild, coautrice del libro "Il giardino delle farfalle", consigliava invece di piantarla accanto ad una parete della casa non esposta a sud, cosi che nella sua ricerca di luce la pianta si portasse a crescere verso l'alto e finisse col fiorire copiosamente proprio vicino alle finestre dell'abitazione. Estremamente romantico, ma credo assai poco attuabile, nella maggior parte dei casi. A chi, come me, deve spesso piegarsi alle dure leggi dello spazio tiranno, ricordo che della B. davidii sono state ottenute numerose cultivar, alcune anche di piccole dimensioni, come la famosa nanho blu. Inoltre la selezione ha portato ad ottenere, oltre a varianti di diverse dimensioni, anche differenti colori, che vanno dal rosa pallido al lilla bluastro, dal viola intenso al blu-nero, fino ad arrivare al bianco candido; agli insetti, pare però che piaccia un pò di più la "classica" Buddleja rosa. Glià, gli insetti: quali sono i principali "fruitori" diu questo bell'arbusto? Innanzitutto le farfalle da cui trae il nome: cavolaie, podaliri, vanesse e macaoni, tutte sembrano estasiarsi sui suoi fiori. E poi ancora ditteri, imenotteri e qualche coleottero floricolo, come i cetonini dai bei riflessi metallici. Insomma, un autentico ristorante di gran lusso per tutta una marea di piccoli animali, che torneranno più e più volte a visitare il vostro giardino. Un piccolo trucco per prolungare la fioritura estiva? Non appena una pannocchia di fiori si secca, tagliatela alla base: dalle geme ad essa precedenti ne nasceranno altre due. In questa maniera semplicissima potrete godere dei colori e dell'intenso profumo di questa magnifica pianta fino ad ottobre inoltrato.

una cetonia della specie Potosia cuprea approfitta anch'essa dei fiori della Buddleja. Foto di Andrea Mangoni.
La mia mamma, bambina, circondata dalle margherite sotto il vigneto di famiglia.
Questa foto mi commuove sempre un pò. È stata scattata verso la fine degli anni '40: mia madre era solo una frugoletta con un vestitino chiaro, seduta sotto le vigne dietro casa, circondata da fiori più grandi di lei. E i fiori che la circondano altro non erano che... margherite! Mamma ricorda ancora con tenerezza quando, un pò più grandicella, tornava sotto le stesse vigne per raccogliere mazzolini di fiori che, come dice, "adesso non ci sono più": fiori che lei non vede da tanti anni, fiori come le orchidee spontanee o i fiordalisi, che crescevano tra il vigneto ed i campi di grano. E anch'io ricordo con nostalgia quando, bambino, trovavo le grandi margherite subito giù dalla carreggiata della campagna, ultime superstiti della flora fiorita che abbelliva la base delle vigne, e già allora relegate ad un esile bordura. Scomparvero, molto semplicemente, nel nulla, nella nostra indifferenza generale, come qualcosa che si da per scontato e che alla fine proprio per questo ci viene tolto senza clamore. Quando, parlando di questi fiori, chiesi ai miei se secondo loro ce ne fossero ancora in campagna, risposero senza pensarci troppo che sì, quel fiore umile e bellissimo era sempre nelle nostre campagne. Ma quando chiesi loro quando avessero visto l'ultima margherita nei nostri campi, non seppero più rispondere. Io invece so bene, purtroppo, quando ho visto l'ultima volta quei fiori nelle nostre campagne. Più di vent'anni fa. Facevo le elementari. So che magari state pensando che io la stia facendo troppo lunga, per un fiore così comune come la margherita dei campi. Sono assolutamente certo che ci sono strade e campagne in cui esse abbondano ancora, per fortuna, così come abbondano i ranuncoli ed il tarassaco che ne hanno preso il posto sotto le vigne. Ma la loro mancanza era una nota stonata. Era la bellezza di una campagna coltivata che aveva spazio per la bellezza semplice di queste piante. Insomma, sarò certo il solito sentimentale, ma ne sentivo la mancanza. E parecchio! Ma non volevo limitarmi ad acquistarne qualche pianta e metterla in campagna... avrei voluto cercare di trovare qualche esemplare dal patrimonio genetico che si avvicinasse, il più possibile, ai fiori della mia infanzia e a quella di mia madre. Così mi guardai attorno, più e più volte, nella speranza di vedere, lungo le strade del mio paese, Camponogara, qualche esemplare. Il nulla più assoluto. La margherita sembrava completamente scomparsa dalle vigne e dai campi di grano, dai margini delle strade e dalle carreggiate.
Alcune piante di margherite crescono lungo l'argine di un fossato. Foto di Andrea Mangoni.
Poi un bel giorno, mentre facevo un giro in auto, vidi con la coda dell'occhio una macchia gialla e bianca sulla scarpata di un fossato, in un paese vicino al mio. Mi fermai appena possibile e tornai indietro a controllare: non avrei certo voluto essermi confuso con delle semplici pratoline, magari un pò cresciute. E invece no, era proprio lei, sebbene un pò stentata: la margherita dei campi, il Leucanthemum vulgare. Questo fiore appartiene alla numerosa famiglia delle Asteracee, e dovrebbe essere ben diffuso e comune in Europa, dal livello del mare fino ai 200 metri d'altitudine. Le foglie, lanceolate e dentellate, hanno corti piccioli (ma solo quelle vicine alla base della pianta); le radici formano un rizoma che può all'occorrenza essere diviso per moltiplicare la pianta. I fiori composti avrebbero, secondo la medicina tradizionale, proprietà antispasmodiche. Ne sono state selezionate pure parecchie cultivar, dai grandi capolini che raggiungono anche gli 8-10 cm di diametro. Ma io rimango ancora affascinato da questi fiori semplici e selvaggi, alti fino a 40-50 cm, con capolini fioriti non più larghi di 4 cm.
Lo so, non è stagione adatta a trapianti un pò bruschi... ma non potevo rischiare di non ritrovare più la pianta, in autunno. E così, dal ciuffo che cresceva lungo il fossato, due pianticelle hanno preso la strada di casa mia. Ora sono coltivate in vaso e monitorate attentamente, per cercare di far sì che attecchiscano nel miglior modo possibile; se i fiori riusciranno ad arrivare a maturazione, ne serberò fin da quest'anno i semi, nella speranza di poter lasciare agli eventuali bimbi che un domani giocheranno sotto le vigne il piacere di cogliere un mazzolino di margherite.
AGGIORNAMENTO (GIUGNO 2009)
Le piantine trapiantate l'anno scorso hanno preso, ma non si sono sviluppate molto bene, e soprattutto non hanno voluto fiorire. In compenso, però, tra aprile e maggio, cercando orchidee selvatiche da fotografare, ho trovato un altro sito (proprio qui a Camponogara, stavolta) in cui crescono le margherite di campo.
Così ho agito in due differenti modi. Da un lato ho preso alcune piante in fioritura, recidendone gli steli e piantando in un vasetto le radici con le rosette basali; dall'altro, ho prelevato una zolla di terra con delle piante fiorite, che sono poi finite in un vaso molto capiente assieme ad un'altra zolla mista di caglio zolfino e trifoglio rosso.
Giovani piante nate dal trapianto di vecchi individui. Foto di Andrea Mangoni.A distanza di poco più di un mese, le prime pianticelle trapiantate, quelle cui avevo tagliato i fiori, hanno dato vita ad una florida esplosione di nuovi virgulti (FOTO 1), che stanno crescendo benissimo e di cui uno ha già addirittura fiorito! Certo, il fiore è piccolo e lo stelo corto, ma è un ottimo inizio! Questo gruppo di piante lo porterò in campagna, alla fine della carreggiata, dove c'è un angolino che sembra fatto apposta per loro. Ci sono anche delle piantine di caglio zolfino, insieme, ottenute da suddivisione dei rizomi... formeranno una bellissima macchia di colore, l'estate prossima!!
Una seminiera che in due settimane ha dato decine di nuove piantine. Foto di Andrea Mangoni.Per quel che riguarda invece il vaso più grande, ho atteso che le piante sfiorissero, e che maturassero i semi. In pratica, quando i petali bianchi iniziano a seccare, il "bottone" centrale giallo inizia a gonfiarsi e a scurirsi leggermente. A questo punto scoprirete che esso è formato da tanti semini oblunghi con attaccata una sottile lamina gialla. basterà raccoglierli e seminarli in un vaso con terriccio mantenuto leggermente umido, senza ricorprirli di terra, e lasciarli in una postazione luminosa ma non sotto la luce diretta del sole. In capo a due settimane inizieranno a nascere le nuove piantine (FOTO 2), e non appena le foglioline inizieranno a farsi seghettate potrete con attenzione trapiantarle a dimora nel prato in giardino. Io le porterò in campagna, lungo il fossato, certo, ma soprattutto sotto le vigne...
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Per saperne di più:
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Una distesa di margherite è cresciuta lungo i bordi della strada. Fogto di Andrea Mangoni.
Il piccolissimo Tacchino bronzato! Foto di Andrea Mangoni

Altra novità! Lunedì scorso è nato il mio primo Tacchino Bronzato dei Monti Lessini! Certo, non si tratta di una schiusa numericamente eccezionale... solo un nato su undici uova! Il mio timore principale è che questi tacchini di piccola mole fatichino a covare un numero elevato di uova; forse, essersi presa cura anche di 4 uova di Polverara oltre alle proprie è stato troppo.... o forse è stato dovuto alla mancanza di esperienza della tacchina, alla sua seconda covata.

Comunque sia, ora non rimane che cercare di allevare questo pulcino nel modo migliore. E' già stato affidato all'ovaiola che si sta prendendo cura dei due Polverara nati la settimana scorsa, e sembra che sia stato accettato molto bene dalla nuova famigliola adottiva. La sua mamma naturale invece continua a covare; temo che non schiuderà più nulla, oramai, ma non si può mai sapere...

AGGIORNAMENTO

Dopo appena una settimana, il piccolo è morto. Purtroppo, quest'anno, niente tacchini...

La mia nuova gallinella di razza Sebright argentata! Foto di Andrea Mangoni
Novità! In questi ultimi giorni ci sono state delle piccole, grandi novità per il mio allevamento. Innanzitutto, come vedete sopra, c'è stato l'arrivo di questa graziosissima signorina: una gallinella di razza Sebright, varietà argentata. E' bellissima! Mi sono fatto tentare mercoledì, quando ho comprato per conto di un amico un galletto di questa razza... erano così belli che non ho resistito all'acquisto e così lei è tornata a casa con me! Certo la sua sistemazione è stata un pò problematica... infatti, nel pollaio generale rischiava di fare una brutta fine: la più piccola delle altre galline è grossa il doppio di lei! Così, alla fine, ho deciso di tenerla provvisriamente con i pulcinotti della seconda covata di Nerina...
La seconda covata della Nerina! Foto di Andrea Mangoni.
Già, che fine hanno fatti quei pulcinotti? sono diventati una masnada di bei pollastrini!
I Jersey Giant crescono che è una bellezza, così come i Polverara. In molti di questi ultimi, purtroppo, si ripresenta la scomoda eredità materna: il sangue, cioè, di una gallinella comune. Questo comporta esemplari con ciuffi assenti o quasi, e creste formate da grappoli di punte, non dai classici cornetti. Ma perlomeno alcuni esemplari sembrerebbero promettere assai bene, con un bel ciuffo e creste adeguate. Non ci resterà che aspettare e vedere!
Ma nel frattempo, mai fermarsi! Ed ecco che da alcune uova di Irene, una Polverara bianca di ceppo Rossetto, accoppiatasi con Briareo, il gallo figlio di un Polverara nero e di una Padovana dorata, sono nati nei giorni scorsi due minuscoli e bellissimi pulcini!
Ora come ora i piccoli vivono sotto l'occhio vigile della loro mamma adottiva, una corpulenta e gigantesca (rispetto a loro!) gallina ovaiola ibrida; e promettono bene, con le loro crestine a cornetti già ben distinguibili, e la (perlomeno attuale) mancanza di tracce di doratura... Spero solo di poter avere qualche altra covata prima della fine dell'estate!!


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AVICOLTURA E BIODIVERSITA': LETTURE PER SAPERNE DI PIU'

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I due piccoli polverara nati nei giorni scorsi, con la loro mamma adottiva. Foto di Andrea Mangoni
Una piccola Araniella cucurbitina ha trovato asilo trai petali di una Rosa canina. Foto: Andrea Mangoni.

Una piccola Araniella cucurbitina ha trovato asilo trai petali di una Rosa canina. Foto di Andrea Mangoni

La rosa selvatica (Rosa canina) è uno di quei cespugli che non passano inosservati, o perlomeno non in due momenti dell'anno. Tra la primavera e l'estate, i tralci verdi si coprono di bei fiori semplici, dai 5 petali, di colore variabile dal bianco al rosa intenso; d'inverno ed in autunno i cinorrodi rossi sembrano piccole gemme brillanti. Miriam Louisa Rothschild la definì come "il più bell'arbusto del mondo", meravigliosamente disordinata come solo una donna convinta della propria inconfutabile bellezza potrebbe essere.

In giardino offre protezione a innumerevoli animali; fatela crescere accanto al biancospino, in una siepe mista, e l'intrico dei rami spinosi servirà da rifugio ad uccelli e piccoli mammiferi, che in inverno faranno man bassa dei cinorrodi; in estate saranno invece coleotteri cetonini ed api solitarie a farne uso. La moltiplicazione, per talea in autunno o primavera, e per trapianto dei polloni basali, non è complicata. E' una pianta meravigliosa, ma come una Cenerentola del giardino, le si preferiscono quasi sempre le sue più delicate discendenti. E' un peccato: poche piante in fiore, infatti, offono la stessa incredibile immagine di leggerezza e poesia.