Carissimi, a causa di un problema col sistema operativo del PC fisso, attualmente sono nella condizione di aver perduto praticamente TUTTI i contatti email raccolti negli ultimi 10 anni. In attesa di capire se il danno al mio computer sia irreparabile o meno, invito chiunque abbia avuto modo di contattarmi in passato a inviarmi una mail, per poter così tornare a recuperare almeno in parte quanto perso. A presto!

Ciao a tutti, nelle prossime settimane il blog vedrà una momentanea sospensione della pubblicazione di nuovi post. Il motivo è semplice: a causa di prossimi impegni familiari, il tempo a mia disposizione sarà ridotto all'osso, e quello che avrò sarà dirottato sulla stesura del mio prossimo libro, che vorrei riuscire a dare alle stampe per l'autunno. Se nel frattempo mi capitassero per le mani cose interessanti... allora tornerò ad aggiornare il blog. Ciao a tutti, quindi, e a presto!


Un bellissimo pulcino. Foto di Andrea mangoni.



La riproduzione è sempre il momento più alto dell'allevamento: la nascita di una nuova generazione, nuove e meravigliose vite che verranno ad arricchire il nostro pollaio (e anche a farci dannare un po'!), insomma nuove speranze e nuovi progetti da fare.

Ho già avuto modo di parlare della schiusa artificiale, ma tanti mi hanno scritto per parlare di questo o di quell'aspetto legato all'incubazione naturale delle uova, quelli, insomma, legati alla cara, vecchia chioccia... Così ho deciso di scrivere qualche riga a proposito.

Innanzitutto, una delle domande che mi viene fatta più di frequente è la seguente: come posso indurre una gallina a diventare chioccia?? Ebbene, la risposta è purtroppo abbastanza netta: non si dovrebbe mai cercare di indurre forzatamente una gallina a diventare chioccia. In passato, spesso le contadine avevano necessità estrema di poter avere dei pulcini, ed erano state sviluppate alcune tecniche particolari proprio per riuscire a indurre una gallina alla cova; ciononostante, le galline dei nostri nonni spesso erano galline autoctone, che già presentavano in qualche misura l'istinto alla cova, istinto che trae la sua origine da una ben definita componente del patrimonio genetico dell'animale; così avremo razze con una maggiore propensione alla cova e razze invece che ne sono quasi prive. Ad esempio, le galline di razza Cocincina, o i tanti ibridi nani noti come "americanine" o "mugellesi" hanno di solito una fortissima propensione alla cova, tanto che a volte iniziano ad incubare le uova dopo averne deposte appena 7 o 8; le odierne ovaiole, invece, sono state selezionate per decenni proprio allo scopo di eliminare qualsivoglia traccia di tale istinto, per cui sarà assolutamente inutile provare a convincere una Livornese da capannone a covare: non lo farà! C'è un'altra cosa da aggiungere, molto importante: la cova è un momento difficile ed estremamente impegnativo per qualunque gallina: solo un animale in perfette condizioni fisiche cercherà di covare. Per questo, indurre artificialmente la cova in una gallina non pronta potrebbe significare un grave rischio per la sua salute, senza contare che alcuni di questi metodi erano estremamente cruenti o quanto meno debilitanti per gli animali che vi erano sottoposti!

Ok, ora abbiamo allora capito che dovremo procurarci preferibilmente almeno una gallina appartenente ad una razza che ha conservato l'istinto alla cova. Quindi, quando essa avrà iniziato a deporre, inizieremo anche noi a raccogliere le uova degli esemplari che ci interessano, per potergliele mettere sotto nel momento in cui inizierà a covare. Non eccedete mai oltre le 12-14 uova da destinare a ciascuna chioccia: tenete conto che la povera gallina ha dei limiti fisici!! Le uova vanno conservate in un ambiente fresco, con la punta verso il basso, per un massimo di 15-18 giorni; poi vanno destinate alla mensa (vostra o dei vostri animali).

Altro dubbio che spesso viene posto è il seguente: devo isolare la chioccia dalle altre galline, quando inizia a covare? In effetti, sarebbe meglio (soprattutto in caso di galli molto esuberanti) che la nostra chioccia potesse trovarsi in un ambiente adatto, per portare a termine con successo la propria covata e non essere disturbata eccessivamente. Il posto prescelto dovrebbe essere in penombra, in maniera da dare tranquillità alla futura mamma; inoltre occorre pensare da subito a qualche tipo di recinzione per isolarla dagli altri animali.

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Un'altra domanda frequentissima che mi viene posta è questa: come posso spostare una chioccia e cambiarla di nido? In effetti, spesso capita che i polli depongano in posti scomodi, "pericolosi" o anche solo in nidi non sicuri. In questi casi è necessario spostare la futura mamma, tenendo però conto di alcune importanti indicazioni di base. Il nuovo nido dovrà essere ben riparato e sarà costituito preferibilmente da una cassettina od una cesta dai lati alti circa 10-15 cm (ottime tante cestine per la frutta), e foderato all'interno con un buon substrato morbido ed accogliente. Per la mia esperienza personale, il substrato migliore si è rivelato finora il truciolo depolverato usato come lettiera per gli animali: oltre ad essere molto igienico e a trattenere l'umidità, è anche piuttosto economico ed utilizzabile in seguito come lettiera per i pulcini. Inoltre, potete provare a mescolare del tabacco in polvere al truciolo, in quanto la nicotina in esso contenuta può fungere da insetticida naturale nei confronti dei tanti parassiti esterni della gallina stessa. A questo proposito non posso fare a meno di raccomandarvi di controllare molto bene la vostra chioccia e di verificare che lei o la lettiera non ospitino un numero eccessivo di ectoparassiti (pidocchi pollini, acari, ecc...): viste le condizioni di immobilità della futura mamma, potrebbero moltiplicarsi fino ad indebolirla seriamente se non addirittura ad ucciderla. Attenzione in particolar modo agli acari ematofagi, che vivono nel substrato ed escono solo di notte per succhiare il sangue: non avete idea di quanto possa esser brutto andare in pollaio una mattina e trovarvi dentro una chioccia morta dissanguata sopra le uova!


Tornando a noi, una volta preparato il nido giunge finalmente il momento di spostare la chioccia. Questa operazione va effettuata sempre DI NOTTE: la gallina, infatti, se spostata di giorno potrebbe stressarsi eccessivamente e decidere di abbandonare la covata. Procedete invece così: andate dalla chioccia di notte, prelevate alcune delle sue uova ben calde e mettetele nel nuovo nido, quindi prendete la gallina e fate altrettanto. Il buio ed il calore delle uova sotto di lei la tranquillizzeranno, e le sembrerà di non essersi mossa. Quindi mettetele sotto anche le restanti uova. Al mattino, con la luce del sole, si sarà quasi certamente già abituata alla nuova sistemazione e difficilmente abbandonerà la cova. Con questo sistema ho spostato nell'ultimo anno 5 chiocce, di cui due tacchine, senza problemi di sorta.


Soprattutto nei primi giorni di cova, assicuratevi che la gallina beva e mangi. L'ideale sarebbe mettere cibo ed acqua in contenitori bassi davanti al nido, e distanti circa 30-50 cm da esso, in maniera che essa debba uscire dal nido stesso per nutrirsi: in questo modo una volta alzatasi ne approfitterà per defecare al di fuori, mantenendo pulito il substrato. Se non dovesse nutrirsi da sola, ogni due giorni provate a sollevarla delicatamente e a posarla davanti al cibo fuori dal nido.


Ed ora arriviamo al momento forse più delicato: la nascita dei pulcini. Delicato perchè i piccoli rappresentano una preda ambita per i roditori come i ratti e per altri predatori. Per questo, di solito, io trasferisco la chioccia (uno o due giorni prima della nascita), in una gabbia, assieme a tutto il nido. La gabbia dev'essere abbastanza grande da permettere alla gallina di muoversi, di alzarsi in piedi e di allontanarsi dal nido; diciamo che per le razze medio-piccole può andar bene una gabbia di un metro per sessanta centimetri di base, e 50-60 cm d'altezza. La gabbia dovrà essere ovviamente fatta con rete a maglie fine, di circa 1/2 cm, e con un'ottima chiusura. La chioccia potrà restare nella gabbia coi pulcini per il primo mese, quindi verrà allontanata e tornerà con le altre galline; i pulcini rimarranno in gabbia invece fino ai 2 - 3 mesi, fino a quando cioè potranno essere in grado di difendersi abbastanza bene o di scappare efficacemente. Se pensate che sia un pò troppo esagerato, credetemi: non avete idea di quello che puà fare un ratto. Giusto stamattina ho trovato una giovane Polverara, la migliore della prima covata di quest'anno, uccisa dai ratti; e giusto un anno fa i ratti avevano ucciso anche suo nonno, Leonida. Per cui, massima attenzione ai predatori!!


A volte invece ci si può trovare ad avere bisogno di una buona balia, cioè di una gallina che si prenda cura di alcuni pulcini (nati ad esempio in incubatrice). In tal caso una chioccia è una manna da cielo: si può aspettare che comincino a nascere i suoi pulcini, quindi aggiungerle (sempre di sera) qualche "figlio adottivo", mettendoglielo sotto ed inserendolo dalla parte della... coda della gallina. O ancora, se non si puà aspettare, si potranno aggiungere i pulcini di notte togliendo nel contempo le uova: spesso una chioccia accetterà di diventare mamma anche solo pochi giorni dall'inizio della cova. Resta il perciolo che la chioccia comunque non riconosca i piccoli come suoi, o che semplicemente li rifiuti: in questo caso potrebbe anche ucciderli. Un tempo si usava cucire in maniera particolare le palpebre delle chiocce per evitare che questo accadesse, ora, lontani da questi metodi barbari, l'unico consiglio valido è quello di sorvegliare attentamente ciò che accade e di allevare artificialmente, se necessario, i piccoli., rinunciando così alla balia.


Da ultimo, in questa discussione sulle chiocce... c'è chi ha il problema inverso: una gallina che cova quando non dovrebbe o non vorremmo. Le opzioni possibili sono diverse: disturbarla spesso, metterla con le zampe a mollo in acqua fredda, ecc... In alternativa, prendete al più vicino mercato un pulcinotto, il più piccolo possibile, metteteglielo sotto di notte... e lasciatele fare la mamma per un po'!


Ecco, con questo credo di aver detto tutto. Se avete suggerimenti, informazioni o altro, i commenti sono qui sotto!


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E' USCITO "IL POLLAIO PER TUTTI", IL NUOVO LIBRO DI ANDREA MANGONI!


ALTRE LETTURE INTERESSANTI:

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Una chioccia coi suoi pulcini. Foto di Andrea Mangoni.
Esemplare di Melanargia galathea. Foto di Andrea Mangoni.

Era come se il prato fosse tutto cosparso di piccole scacchiere volanti. Certo, a guardarle con attenzione, ci si rendeva conto che il disegno non era poi così regolare, ma l'impressione che davano le dozzine di esemplari di galatea (Melanargia galathea) svolazzanti su quel prato alpino era proprio quella.

La galatea è una farfalla diurna appartenente alla famiglia dei Ninfalidi (Nymphalidae), famiglia questa che comprende anche altre notissime bellezze alate quali le variopinte Vanesse, le aggraziate melitee o le mediterranee jasio. La galatea è una specie ampiamente diffusa in quasi tutta l'Europa continentale, e si adatta a climi ed ambienti anche molto differenti fra loro, colonizzando tanto le pianure quanto le zone montuose, fino a oltre i 2500 metri d'altitudine.

Con un'apertura alare di circa 4 cm e mezzo, non è certo una gigantessa; ciononostante la sua peculiare colorazione la fa notare immediatamente. I suoi bruchi si nutrono di graminacee, come ad esempio i rappresentanti del genere Poa. Nati in estate, si accrescono fino all'autunno, quindi svernano per poi ricominciare a nutrirsi in primavera. Dopo essersi impupati ai piedi delle piante nutrici, essi riemergono come adulti tra giugno e luglio, in una frenesia di voli e di luci estivi.

Ed è così che le abbiamo trovate noi, intente a nutrirsi su centauree e orchidee spontanee in un prato assolato del Cadore. Ma, tra tutti gli esemplari, uno spiccava per il volo lento e delicato, e a vederlo da vicino si capiva perchè: una delle sue ali era rovinata. Forse l'incontro con un uccello, o con una mantide... chissà. Comunque sia, aveva un'aria maestosa e malinconica, che chiedeva d'essere immortalata; spero solo di esserci riuscito degnamente.

Esemplare di Melanargia galathea. Foto di Andrea Mangoni.
Una fragolina di bosco, Fragaria vesca. Foto di Andrea Mangoni.
Cadore, terra di boschi e foreste... e di relativi sottoboschi ricchissimi di vita vegetale ed animale, da sempre entrambe fonte di sostentamento per le popolazioni del luogo, che ne traggono ancora un'integrazione per la propria tavola, integrazione oggi "sfiziosa" ed un tempo invece necessaria. E, più o meno, anche noi ci siamo "adattati" a questa usanza!
Durante una delle nostre passeggiate, abbiamo visto che in un tratto di foresta molti alberi di abete e larice, vecchi e malandati, erano stati abbattuti. Il risultato era stato - comprensibilmente - la proliferazione incredibile di rovi (Rubus sp.) e lamponi (Rubus idaeus), piante altamente invasive, e tutti per di più prodighi di frutti. Inoltre, come se non bastasse, il sottobosco era invaso di piantine di fragoline di bosco (Fragaria vesca). Che meraviglia!! Il sapore della frutta selvatica è incredibilmente intenso ed avvolgente; le fragoline poi sono incredibili, sembra impossibile che pochi grammi di polpa possano contenere così tanto gusto!!
Inutile nasconderlo: ci siamo lasciati tentare ed abbiamo raccolto un pò di frutta. Un paio di chili, di frutta. Per lo più lamponi. E la cosa incredibile, vista l'area ristretta (pochi metri quadrati), era la quantità di frutti ancora immaturi presenti sulle piante!! Insomma, a parte uno spuntino fresco ed immediato in loco, ci restava ancora un bel pò di frutti di bosco da utilizzare in qualche modo. Ed abbiamo optato quindi per fare una marmellata di frutti bosco e la grappa al lampone. Ecco cosa serve per entrambe le preparazioni.
Marmellata di frutti di bosco
  1. 1,2 Kg di frutti di bosco;
  2. 600 gr di zucchero;
  3. Il succo di un limone e mezzo;
  4. Due mele verdi acerbe di taglia media.
Lavate ed asciugate delicatamente i frutti di bosco, quindi metteteli in una pentola con lo zucchero, le mele lavate e tagliate a spicchi (servono a fornire la pectina, sostanza che fa addensare le marmellate), il succo di limone e lasciate sobbollire a fuoco medio-basso. Ogni tanto lo stato della cottura. Quando la polpa della mela si è adeguatamente spappolata, toglietene le bucce dalla marmellata. Una volta raggiunto il giusto grado di densità (si mette un pò di marmellata su un piattino e lo si inclina, per accertarsi che non sia troppo liquida), invasate la marmellata a caldo. I contenitori dovranno essere di ottima fattura e con coperchi a chiusura perfetta (ottimi i classici vasetti della Bormioli), e dovranno essere stati preventivamente sterilizzati. Vanno riempiti quasi fino all'orlo con la marmellata calda, quindi bisogna chiuderli saldamente e capovolgerli durante la fase di raffreddamento. Si creerà così una condizione di sottovuoto che manterrà la vostra marmellata ottima a lungo. Una ricetta alternativa leggermente differente la trovate nel blog di Panemiele.
Grappa ai lamponi
  1. 120 gr di lamponi (oppure di more);
  2. 120 gr di zucchero;
  3. 500 ml di grappa bianca;
  4. Acqua quanto basta.
Mettete in una bottiglia di vetro da un litro lo zucchero ed i lamponi; ricoprite con mezzo litro di grappa, quindi aggiungete acqua fino a raggiungere il volume di un litro. La prima settimana mescolate ogni due o tre giorni, per permettere allo zucchero di sciogliersi adeguatamente. Il colore della grapa diventerà di un magnifico rosso rubino chiaro. Dopo 4-5 mesi filtrate accuratamente e togliete i lamponi ed i residui vegetali; la vostra grappa è ora pronta per essere degustata (con moderazione!). C'è anche chi apprezza i lamponi che hanno ricevuto questo trattamento: per me sanno troppo da alcool, ma potrete sempre conservarli a parte.
Vi piacerebbe, infine, gustare anche a casa le meravigliose fragoline di bosco? Dovete sapere che quella che noi chiamiamo fragola è in realtà un falso frutto, e che i frutti veri sono i "semini gialli", gli acheni, che si vedono sulla sua superficie. Raccogliete quindi un paio di fragoline di bosco, togliete la polpa centrale e lasciate essiccare all'ombra la superficie, quindi raccogliete gli acheni e seminateli in un vaso riempito di terriccio umifero leggermente umido. Lasciate all'ombra, magari coprendo con un po' di pellicola trasparente, almeno fino a germinazione avvenuta. Potrete poi trapiantare le pianticelle in giardino a circa 10-15 cm di distanza le une dalle altre: ci penseranno loro a riprodursi tramite l'emissione di stoloni. Buon appetito!!
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NOTE IMPORTANTI
Non raccogliete MAI bacche o frutti della cui commestibilità non siete più che sicuri: ne va della vostra vita! Al limite chiedete il parere di un esperto o acquistate un manuale di botanica. In alcune località la raccolta dei frutti di bosco è regolamentata, fate attenzione ad avere gli adeguati permessi! Attenzione inoltre ad assicurarvi che le piante non siano state trattate con antiparassitari.
La grappa ai frutti bosco è eccellente, ma non bisogna dimenticare che l'alcool a tutti gli effetti agisce come una droga che può dare dipendenza. Un bicchierino ogni tanto a fine pasto è una gioia, se diventa un'abitudine ed un eccesso si trasforma in un dramma.
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La piccola ma bellissima orchidea Nigritella austiaca. Foto di Andrea Mangoni.

Ed eccoci qui, di ritorno dalle ferie, finalmente! Oddio, "finalmente" si fa per dire, visto che il fresco, la natura, la bellezza ed il riposo non facevano certo venir voglia di tornare, però...

Però è bello anche tornare a casa, riprendere in mano le redini di quanto si era lasciato - da un lato - ed intraprendere strade completamente nuove - dall'altro. Alle molte persone che mi hanno scritto privatamente: abbiate un po' di pazienza e risponderò a tutti!! Ho trovato un accumulo di posta notevolissimo - del resto, quasi venti giorni senza aprire internet si fanno sentire.

Nei prossimi post vi racconterò qualcosa di più sulle meraviglie incontrate tra le Dolomiti cadorine, intanto vi lascio con due immagini-emblema di queste vacanze. Un abbraccio a tutti!

Un gruppo di meravigliose mucche al pascolo! Foto di Andrea Mangoni.