La nuova covata!! Foto di Andrea mangoni.

Questo è stato davvero un gran week-end!! Tra domenica e lunedì, infatti, c'è stata la schiusa della terza covata dell'anno! La seconda era avvenuta una settimana fa, ma le uova non le avevo seguite io: erano state affidate alla chioccia di un amico. Ma torniamo a questa schiusa. Delle 16 uova affidate alla mia Covatutto 16, 5 si erano rivelate infertili alla prima speratura. Le restanti 11 si sono schiuse tutte! Solo un pulcino ha avuto dei problemi, tutti gli altri se la sono cavati alla grande. Sono 2 Polverara Rossetto pure, due incorci di Polverara, e 7 di... un'altra piccola meraviglia.

Questo è uno dei due Polverara puri di ceppo Rossetto, figlio di Pippo. Promette bene, con la cresta a cornetti già visibile!

Pulcino di Polverara. Foto di Andrea Mangoni.

Questo invece è un pulcino di un'altra razza... della famosa "razza misteriosa" che sto seguendo. Di che si tratta? Beh, per dare un paio di indizi potremmo dire che in origine non aveva cresta a rosa, come questo pulcino, ma cresta semplice... e soprattutto che è considerata ufficialmente estinta... Curiosi? Tra qualche mese ne saprete molto di più!! Intanto vi lascio con questo primo piano...

Primo piano di... una razza misteriosa! Foto di Andrea Mangoni.
Viola mammola. Foto di Andrea Mangoni.

La primavera ha portato i suoi frutti. O meglio, i suoi fiori. Buona parte delle piantine di violetta da me ripicchettate ed amorevolmente accudite nel corso dell'estate scorsa ora è in piena fioritura. La bordura a nord inizia ad essere un tappetino viola e verde costellato di pratoline, fragole selvatiche, muscari, nepeta e menta piperita. Le tanto agognate Viola d'Udine e Viola Conte di Brazzà si stanno facendo attendere... la loro fioritura è un po' in ritardo. La Coeur d'Alsace poi, dopo un inverno terribile (per lei) in cui è quasi morta, ha fatto un solo, misero fiorellino. Nel giardino invece è spuntata una piantina di una viola mammola più chiara e tendente al ciclamino... chissà? Comunque sia, mi è giusto capitato sotto gli occhi in questi giorni un testo in inglese del 1868, dove si spiega la coltivazione della violetta così come era effettuata nel 1868; giust'appunto in una bordura a nord, come la mia. La mia traduzione dall'old English è forse un po' approssimativa... ma spero me la passerete. Alla prossima!

La viola mammola più pallida. Foto di Andrea Mangoni.

[Quando nella primavera scorsa ho visitato il signor Dore, dei Juniper Hall Gardens, sono stato molto colpito dalle sue eccellenti Violette; erano nella migliore salute possibile, e abbondantemente in fiore, i fiori come splendidi esempi individuali di coltivazione delle Violette. Il signor Dore mi ha gentilmente fatto conoscere il suo metodo di coltivazione, e la sua semplicità combinata con i risultati che ho visto, mi induce a renderlo noto prima ai lettori del Florist e Pomologist. - Wm Greenshields.]

In aprile, diciamo verso la metà del mese, scelgo un pezzo di terra sulla bordura a nord, e se non è già in buone condizioni deve essere portato ad esserlo con una generosa aggiunta di letame ben decomposto e humus di foglie, che può il più delle volte essere ottenuto dai vecchi appezzamenti coltivati a melone, e simili. Io incorporo questo (fertilizzante, n.d.t.) con il terreno della bordura, per la profondità di trenta o quaranta centimetri. Vado quindi a selezionare alcuni dei migliori stoloni radicati ottenuti dalle piante dell'anno scorso - questi saranno ben radicati come accuratamente previsto, e mantenuti puliti mentre le piante madri erano in fiore. Essi dovrebbero essere piantati in filari, larghi dai 30 ai 45 cm, il che permetterà che il terreno sia mantenuto aperto e pulito - un punto di grande importanza.

Gli stoloni di cui parlavo sono selezionati in luglio o in agosto, circa quattro o cinque per ciascuna pianta, sono adagiati nel suolo, e quando le piante sono trapiantate, ai primi di ottobre, sono ben radicati. Io quindi prelevo le piante con una buona zolla di terra, e le sistemo, con i giovani stoloni radicati, in un vecchio cassone per meloni (credo di aver capito si trattasse di una sorta di cassone di legno con coperchio a vetri, n.d.t.), il più vicino possibile al vetro. Se c'è rimasto un po' di calore nel letto della fossa, radicheranno e si stabiliranno nei loro quartieri invernali molto velocemente; ma non apprezzano un calore eccessivo. Essi sono piantati piuttosto fittamente nella fossa, lasciando appena tra le piante lo spazio sufficiente affinchè possano svilupparsi nuovi stoloni – essendo questi stoloni le piante giovani per l'anno successivo. Si deliziano nel terriccio di foglie ben decomposte, che uso in buona parte per farle fiorire.

Anche se non temono il gelo, trovo che tenendole così fioriscono più abbondantemente e danno fiori migliori. Io, quindi, fornisco un riparo extra in caso di maltempo, e sembra sempre, senza alcuna difficoltà, di raccogliere in abbondanza fiori da novembre fino a che non le impianto in aprile.

Hogg, R. (1868). The Florist and pomologist. Journal of Horticulture Office.

La bordura delle viole. Foto di Andrea Mangoni.
Gallo di Italiana a Collo Nudo. Allevatore Loris Traverso, foto Andrea Mangoni.
Nei cortili delle famiglie che allevano ancora galline si vedono quasi sempre i classici ibridi commerciali rossicci, mescolati a volte ad altrettanto rossicci esemplari dotati di una peculiare caratteristica: il collo totalmente glabro, che conferisce loro l'aspetto di sgraziati avvoltoi. In realtà, oltre ai soliti ibridi, esistono razze diverse dotate di questo particolare anatomico così buffo. In particolar modo in Italia si può ancora trovare in alcuni allevamenti la vecchia razza Italiana a Collo Nudo, caratterizzata da orecchioni bianco giallastri e taglia inferiore ai ceppi commerciali, buona ovaiola, che talvolta conserva ancora l'istinto alla cova.
Da dove ci proveniva? Forse dalla Romania, ove ancor oggi esiste la razza Collo Nudo di Transilvania. Negli anni '30, così parlava della Collo Nudo in Italia il cav. Italo Mazzon:
"Per finire, accenno alla «collo nudo» - qualcuno mi tirerà la croce addosso; ma io la ricordo da oltre cinquanta anni, per quanto i manuali la dicano di Transilvania. E’ sempre quella, come quando era la prima volta. E’ gallina robustissima, rustica e di facile allevamento – produce uova molto grosse e molte. Si può dire che di galline «collo nudo» ce ne siano in quasi tutti i pollai – sono invece rarissimi i galli di tale razza; ciò malgrado la «collo nudo» si riproduce fedelmente con le sue speciali caratteristiche dimostrando, con questo, quanta vitalità e resistenza, all’immissione di altri sangui, siano in questo animale così tipico. Non è molto apprezzata come gallina da carne fine, ma la credo facilmente suscettibile di miglioramento in questo senso, malgrado la resistenza a mantenersi pura; però non è a dire che il consumatore la ripudi; anzi quando constata la ricchezza di carne al petto e alle coscie, la preferisce per la sua tavola. Insomma, locale o meno, la «collo nudo» è una razza che nella padovana è abbastanza diffusa e che merita di essere più curata, tanto più da quando l’orecchione bianco è venuto a sostituire il rosso.
Galline di Italiana a Collo Nudo. Allevatore Loris Traverso, foto Andrea Mangoni.
[...] Molti scrittori che hanno descritta questa razza non si accordano intorno alla sua origine – c’è chi la dice originaria dai Carpazi, altri le danno per patria Sumatra, l’Isola di S. Maurizio ecc. Da noi s’è divulgata da tanto tempo che, nessuno saprebbe dire, quando sia arrivata. Molto diffusa prima della guerra lo è meno ora, anche perché se, nei cortili di campagna, si trovano facilmente delle buone galline a collo nudo, il gallo è raro assai. Forse fra noi ha subito l’ambientamento e quindi ha qualche differenza con i «collonudo» che vengono dal di fuori e che si dicono di Transilvania. E’ indubbiamente una razza robustissima e d’una rusticità eccezionale; è precoce e molto redditiva. Produce uova numerose e grosse e carne assai buona – petto e coscie ne sono forniti molto abbondantemente. La caratteristica del collo denudato, ornato nella parte anteriore di una folta cravatta di piuma, ne fa un animale originalissimo. Cresta semplice, non molto sviluppata, dentellata irregolarmente, eretta sulla fronte d’onde parte una calotta di penne che scendono alla nuca e la ricoprono. E la caratteristica del collo nudo ha certo del dominante, tanto che si riproduce anche sotto l’influenza dell’incrocio e questo spiega come, nelle nostre fattorie, si riproduca anche senza il proprio gallo, acquisindo però altri caratteri, come quello delle penne alle gambe, colore del mantello, sviluppo scheletrico e l’orecchione bianco. Solo, per l’orecchione rosso, non la possiamo registrare fra le razze nostrali originarie, ciò nulla meno la vediamo con simpatia nei nostri cortili e non sarebbe male, fosse chiamata a sostituire parte del bastardume che s’annida in certi pollai di campagna dove, si nega asilo alle nostre buone razze, per tenere animali strani che molto consumano e nulla, o quasi, rendono. Il collo così nettamente denudato è in forte contrasto con la ricchezza della coda – non è certo un animale piacente ma, qualora si voglia considerare il suo reddito in carne ed uova, anche l’occhio può posarsi, con una certa simpatia, sulla gallina così strana ed originale e così redditizia. Non ho mai sentito dire che al «collo nudo» si geli la cresta – non nell’invernata 1889-90, non nella ultima del 1929-30 che, ci regalò, più d’una notte, ben 22 gradi sotto zero."
Questa la testimonianza di Mazzon. Per dire di più, vale certamente la pena di spiegare che Mazzon aveva ragione: il carattere del collo privo di penne è dovuto al gene Na, incompletamente dominante. Pare cioè che in condizioni di eterozigosi la presenza di un solo allele Na produza un collo nudo che mostra però sul davanti una folta cravatta di penne, mentre la presenza di due copie di questo gene produce un collo totalmente glabro.
Personalmente ho avuto modo di osservare dei collo nudo palesemente ascivibili a ceppi autoctoni solo presso un allevatore vicentino, il sig. Loris Traverso, che possiede da anni un ceppo di Collo Nudo a orecchioni bianchi recuperato nei territori compresi tra Padova e Vicenza. Gli animali in questione, selezionati per la taglia e la forma ma non per la colorazione, presentavano peso attorno ai 3 Kg per i galli ed ai 2,5 Kg per le galline, con cresta semplice leggermente ripiegata di lato, orecchioni bianchi con poche striature rossastre, mantelli variabilissimi e soprattutto ogni esemplare mostrava il famoso cravattino. Ora, il non aver visto nessun animale a collo totalmente nudo mi lascia ovviamente perplesso, in quanto se il ceppo mostrasse omozigoti cravattati come gli animali descritti dal Mazzon ci si troverebbe davanti ad un'eccezione delle regole di trasmissione di Na... o forse addirittura ad un suo allele? Alla prima occasione cercherò di far luce su questo aspetto curioso della storia dei suoi polli... Nel frattempo vi lascio con qualche scatto dei suoi esemplari. Alla prossima!
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Esemplari di Loris Traverso. Foto Andrea Mangoni.
Bibliografia: Mazzon, I. (1934). Pollicoltura Padovana - Storia monografia delle razze padovane. Tip. Antoniana, Padova.


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AVICOLTURA E BIODIVERSITA': LETTURE PER SAPERNE DI PIU'

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Gallina di Italiana a Collo Nudo. Allevatore Loris Traverso, foto Andrea Mangoni.
Airone bianco - Casmerodius albus. Foto di Andrea Mangoni.

L'auto chiede di esser rallentata. No, non lo chiede: lo urla. Di fianco a lei il campo inondato di nebbia, con la sua terra rossa e gravida di umidità, fa da sfondo ad una danza meravigliosa.

E' un airone bianco (Casmerodius albus) , solitario, che avanza volando nella nebbia tono su tono, come un fantasma. Solca l'aria silenzioso come un ciuffo di semi di tarassaco trascinato dal vento, poi si ferma e rimane così, per un attimo, ad ali aperte, come un assetato d'aria in attesa di un refolo di vento. quando si ferma del tutto è una scultura d'arte moderna, le linee essenziali e minimaliste, i colori semplici e perfettamente fusi con ciò che lo attornia.

La macchina non può fermarsi per più di pochi minuti, ma questo mi basta. Le immagini sanno vivere ed imprimersi nel cuore anche quando vivono solo per pochi secondi.

Torno a scrivere dopo un periodo difficile e complicato, causa parenti in ospedale e soprattutto pargolo quasi agli sgoccioli. Torno però con fotografie di VITA!

Ecco, dopo un po' di patimenti, i primi tre nati dell'anno! Incroci di Polverara e... beh, diciamo che l'altra razza resterà un piccolo mistero per qualche mese ancora, fino a quando non ve ne parlerò fino alla nausea... ;-)!

Pulcini. Foto di Andrea Mangoni. Pulcini. Foto di Andrea Mangoni. Pulcini. Foto di Andrea Mangoni.