Semenzaio con pomodori e digitale. Foto di Andrea Mangoni.

Aprile chiede, reclama e pretende VITA. Scorre caldo, soffice e leggero come il pappo di un tarassaco trascinato dal vento della primavera, e richiama a se una sola parola, ripetuta mille volte: nascere, nascere, nascere.

Nel semenzaio stanno iniziando a nascere le verdure ed i fiori per la prossima estate: così, accanto alle minuscole foglioline delle digitali svettano pianticelle di pomodoro e peperone, mentre i semi di zucca marina di Chioggia appena ricevuti da un anziano contadino della città marittima attendono di essere seminati, alla stregua di quelli del garofanino dei poeti.

In campagna stanno fiorendo, tra mari di graminacee, ranuncoli e caglio, due magnifiche, piccole piante di Orchis tridentata, meravigliosa orchidea spontanea tutta da ammirare a distanza e fotografare... ma di lei parleremo con più comodo in un'altra occasione.

Orchis tridentata. Foto di Andrea Mangoni. Ranuncoli. Foto di Andrea Mangoni.

In pollaio le parole d'ordine sembrano essere "chioccia" e "pulcini": tre galline hanno portato a termine le loro covate, una tacchina ed un'anatra muta stanno facendo altrettanto, un'altra anatra ed un'altra gallina stanno per diventare chioccia, ed i pulcini più vecchi crescono mettendo su peso e penne in ugual misura.

Chioccia con pulcini. Foto di Andrea Mangoni Chioccia con pulcini. Foto di Andrea Mangoni. Pulcino di Polverara. Foto di Andrea Mangoni. Pulcini cresciutelli. Foto di Andrea Mangoni.

Infine anche i bruchi di Saturnia pavoniella sono finalmente nati: una ventina sono stati tenuti e allevati su un alberello di pero acquistato per l'occasione (una Butirra Hardy, antica varietà francese), mentre le restanti centinaia sono state affidate a biancospini, prugnoli e salici delle mie rive, ed ai rovi di un'area abbandonata. Speriamo solo che qualcuno di loro possa cavarsela contro il mare di predatori pronto a farne un boccone, per tornare a volare la prossima primavera... ma anche questa è Vita. Alla prossima!

I bruchi neonati di Saturnia pavoniella in libertà sul biancospino. Foto di Andrea Mangoni.
Ajuga reptans. Foto di Andrea Mangoni.

Fino all'anno scorso non ne avevo mai visto una nella mia campagna. Poi, pochi giorni fa, ecco una macchia azzurro-violetta sulla riva del fossato. E un'altra piantina lungo la carreggiata. E ancora un'altro gruppo di esemplari, stavolta molto bassi, in giardino.

La marcia della bugola (Ajuga reptans) nel farsi strada tra i miei pensieri sembra esssere inarrestabile... anche alla luce del fatto che sotto la palma davanti alla mia terrazza ne sta nascendo un'altra. Ma in verità è un tipo di "invasione" che mi piace molto, così la assecondo e mi faccio contagiare: una vanga, due passi in campagna, e due belle piantine fiorite finiscono in terrazza nel vaso dell'erba luigia, a far compagnia a lei ed ai ciclamini. E' un po' una mia fissa, qulla di ricreare nei vasi grandi i principi base del cottage garden, dove accanto a piante di una qualche utilità... culinaria, crescono anche piante spontanee e coltivate da fiore. Ed il fiore della bugola è a mio avviso uno dei più belli e delicati che offre il mese d'aprile.

Bugola (Ajuga reptans) in vaso, con erba luigia e ciclamini. Foto di Andrea Mangoni.

La bugola appartiene alla vasta famiglia delle Lamiaceae, e deve il proprio nome specifico (reptans) alla facilità con cui forma stoloni e, da questi, nuove piante. Tale caratteristica la rende una perfetta tappezzante per i giardini, specie quelli in posizione di mezz'ombra, in cui le piantine in questione si naturalizzano velocemente formando ampie macchie colorate. Gli steli fioriti, alti 10-15 cm, illuminano di azzurro-violetto anche gli angoli più smorti, vista anche la capacità di questa specie di adattarsi alle più svariate condizioni del terreno, anche se sembra comunque apprezzare terreni ricchi ed una certa umidità, per cui in natura la si vedrà spesso lungo le rive dei fossati o in prati solitamente umidi. La sua capacità di formare rapidamente macchie fitte ed estese le permette anche in una qualche misura di mantenere essa stessa il suo umido e fresco.

Ajuga reptans è una perenne che può essere riprodotta molto facilmente, semplicemente mettendo a radicare gli stoloni che essa produce; volendo si può provare anche la moltiplicazione tramite semi, ponendoli direttamente a dimora e ricoprendoli con un leggero strato di terriccio.

In commercio si trovano anche diverse cultivar di questa bella piantina: particolarmente interessante sembra la varietà atropurpurea, caratterizzata da foglie quasi porpora e da fiori con sfumature bronzate, o la burgundy glow, a foglie viola-rosate. Tra i vivai che ospitano in catalogo una certa selezione di cultivar di questa specie (così come di altri rappresentanti del genere Ajuga), vale la pena ricordare il vivaio Priola, da sempre specializzato in erbacee perenni.

Ajuga reptans. Foto di Andrea Mangoni.
Pietro Mangoni. Foto di Andrea Mangoni. Pietro Mangoni. Foto di Andrea Mangoni. Pietro Mangoni. Foto di Andrea Mangoni.
www.semenostrum.it

In un commento sul bellissimo blog di Zia Artemisia, BaiLing ha segnalato qualche tempo fa un sito che mi ha incuriosito, e che sono subito corso a vedere.

Il sito in questione, semplicissimo nella veste grafica ma ricchissimo per le prospettive che offre, è quello di

http://www.semenostrum.it

SemeNostrum è un'azienda agricola nata come "spin off" dell'Università di Udine, e si occupa di coltivare un'ampio ventaglio di specie vegetali tutte però accumunate da un fattore fondamentale: si tratta sempre di essenze autoctone.

Fiordalisi, campanule, achillee, margherite: tutte le piante prodotte e commercializzate sono originarie delle nostre regioni, e per di più sono realmente "locali": non vengono cioè da altri Paesi, ma preservano il patrimonio genetico delle NOSTRE campagne, in particolar modo proponendo quelle essenze che formavano il cosiddetto prato stabile, oltre ad altre spontanee tipiche di altri ambienti. I semi vengono venduti o in purezza o in miscugli appositamente selezionati e controllati.

E' un'iniziativa eccezionale, che permette davvero di poter avere sotto mano materiale di base di ottima qualità per iniziare, o continuare, il nostro giardino naturale. Visitate il loro sito!

Coppia di Saturnia Pavoniella (Saturnia pavoniella pair). Foto di Andrea Mangoni.

L'anno scorso ho parlato di una specie di lepidotteri davvero bellissima, la pavonia minore italiana (Saturnia pavoniella). Vi avevo raccontato di come, tra l'altro, l'amico Marco Uliana mi avesse fornito una decina di bozzoli di questa specie. Questi ultimi, protetti da una gabbietta di rete metallica, hanno trascorso l'invenro in terrazzo, godendo dei cambiamenti climatici in maniera naturale ma nel contempo protetti dai predatori.

Particolare dell'ala di una femmina di Saturnia Pavoniella. Foto di Andrea Mangoni.Ebbene, nei giorni scorsi i primi bozzoli si sono finalmente schiusi! Le prime a vedere la luce sono state due belle femmine, dalla delicata livrea grigia, marrone e rosea, decorata da grandi occelli vistosi. I due animali sono stati sistemati in una gabbietta e quindi lasciati tra i rami degli ulivi di fronte a casa. Il perchè è presto detto: la speranza era quella che le due femmine potessero richiamare, grazie ai loro feromoni, eventuali maschi selvatici presenti nei dintorni. La gabbietta metallica da un lato permette agli insetti di emanare i propri effluvi amorosi e persino di accoppiarsi, e dall'altro li protegge dalle poco invidiabili "attenzioni" dei numerosi merli del vicinato.

Dopo un giorno di nulla assoluto, il primo maschio giunge all'orizzonte nel pomeriggio dell'altro ieri!! E' stato davvero emozionante veder arrivare un esemplare selvatico, dal volo simile a quello di una grande Vanessa, perchè francamente non speravo ne esistessero ancora da queste parti. E' vero che possono però essere attirati dagli effluvi femminili anche da diversi chilometri di distanza, se il vento è favorevole! Comunque sia, mi ero premunito liberando in giardino anche un maschio, fratello delle femmine e schiuso la mattina stessa.

Il risultato? Un disastro!! Il maschio di allevamento sparito in pochi minuti, veleggiato via verso altri lidi. Ogni tanto tornava alla carica, cercando di individuare le femmine ma senza riuscirci... e qui mi viene un'osservazione. Qualcuno ha detto, parlando di alcune falene, che da giovani sono degli apparati digerenti con le gambe (i bruchi) e da adulti sono degli apparati riproduttori con le ali. E a mio avviso aveva perfettamente ragione: se l'evoluzione avesse lasciato ai maschi qualche senso ben funzionante in più, oltre all'odorato (che so... la vista?), magari non sarebbero arrivati a dieci centimetri dalle femmine per poi girarsi ed andar via.

Coppia di Saturnia pavoniella (Saturnia pavoniella pair). Foto di Andrea Mangoni.

Il maschio selvatico invece è arrivato abbastanza vicino alle femmine da riuscire quasi ad accoppiavicisi... Quasi, appunto. Era vecchio, allo stremo delle forze, ed i suoi tentativi di copula sono stati vanificati dalle femmine che si lasciavano cadere al minimo contatto. Lui ha provato, provato e riprovato.... nulla. Alla fine è morto di stanchezza, stremato dagli sforzi amorosi.

Per fortuna ieri, dai bozzoli, è emerso un altro maschietto. Stavolta non ho voluto rischiare troppo: Tenuto con una delle femmine in una gabbietta, dopo qualche inseguimento è riuscito a "placcarla" a terra con una mossa degna di wrtestler americano e ad accoppiarsi con essa. Il buon esito dell'accoppiamento è stato sugellato la sera stessa: la donzella ha iniziato a deporre decine di uova. Il maschio nel frattempo è stato liberato, in maniera che possa eventualmente cercare di fecondare altre femmine. Stamattina, infine, ha visto la luce un'altra coppia di insetti. Questi saranno lasciati senza problemi in gabbia, fino a copula avvenuta; quindi anche stavolta il maschio sarà liberato, e la femmina trattenuta quel tanto che basta per ottenere una deposizione in sicurezza.

Gli altri adulti che avessero a nascere, così come le uova in eccesso, saranno liberati in natura: in parte lungo la siepe della mia campagna, in parte invece in un'ara abbandonata infestata di rovi, una delle piante nutrici di questa bellissima specie. Un piccolo gruppo di uova, invece, verrà fatto schiudere in cattività ed i bruchi liberati su di un albero da frutto, protetto da una coltre di tulle fine, per avere la certezza che almeno qualcuno di loro possa arrivare allo stadio di pupa: questi animali hanno infatti numerosi predatori, dalle formiche agli imenotteri parassiti, per non parlare di molti piccoli vertebrati. Continuerà quindi così il piccolo progetto di costituire una nuova colonia di questi bellissimi insetti nelle mie terre, per renderle ancora più ricche di vita e per proteggere, con un gesto piccolissimo ma molto concreto, la biodiversità di quest'angolo di pianura veneta.

Maschio di Saturnia Pavoniella (Saturnia pavoniella male). Foto di Andrea Mangoni

Tarassaco (Taraxacum officinale). Foto di Andrea Mangoni.
In questa stagione i campi primaverili si tingono di giallo: il giallo, profondo e allegrissimo, dei fiori di tarassaco (Taraxacum officinale).
Boccioli di tarassaco (taraxacum officinale). Andrea Mangoni.
Questa pianta, conosciuta da sempre con vari nomi, tra cui quello veneto di pissacàn, è nota per le sue proprietà antireumatiche e diuretiche; il tarassaco si può utilizzare in cucina in moltissimi modi. I fiori possono essere passati in pastella e quindi fritti; le foglie possono essere saltate in padella con l'aglio, o aggiunte crude a deliziose insalate che arriscono col loro sapore amarognolo; o ancora, pare che dalle radici pulite e tostate si possa ottenere una sorta di caffè. Ma anche i boccioli trovano la loro collocazione, in cucina: con essi si possono infatti preparare degli eccellenti sostituti dei capperi. Ed è proprio di questo che vi vorrei parlare con questo breve articolo.
Capperi di tarassaco. Foto di Andrea Mangoni.
Prima di tutto una raccomandazione: raccogliete solo piante di specie che conoscete BENE, e raccoglietele solo se siete certi che non possano essere state esposte ad agenti chimici tossici (inquinamento, pesticidi, ecc...). Cosa molto importante, raccogliete i boccioli quando sono ancora abbastanza vicini al terreno e chiusi, quando cioè il fiore non è ancora del tutto formato ed aprendoli non trovate i petali gialli; in caso contario i capperi saranno troppo stopposi per essere mangiabili! Togliete il gambo ed eliminate le brattee del calice, lavateli delicatamente con acqua e bicarbonato, risciacquateli ed asciugateli con uno strofinaccio, con molta attenzione. Mettete uno strato di sale marino grosso sul fondo di un barattolo, posate uno strato di capperi, alternate con un altro strato di sale, e così via fino a riempire tutto il barattolo. Se dopo alcuni giorni il sale si è impregnato di liquido, andrà sostituito. Una ricetta alternativa vuole che i capperi di tarassaco debbano essere preparati semplicemente sott'olio. Possono essere consumati in insalata o sulla pizza, con le cipolline ed i pomodori o come avreste consumato i normali capperi.
E se li consumate in inverno, chiudete gli occhi e immaginate i piccoli soli delle corolle del tarassaco illuminare la campagna.

*****
. .
. .

*****
Il capolino pieno di semi di un tarassaco (Taraxacum officinale). Foto di Andrea Mangoni.
Viola odorata. Foto di Andrea Mangoni.

Ancora un post sulle viole. Le foto che trovate rappresentano Viola canina, Viola odorata, e la famosa Viola d'Udine... ma visto il colore mi verrebbe più da pensare alla Viola di Parma! Qualcuno sa sciogliere l'enigma?? In attesa di tornare a parlare di altri fiori, stavolta solo selvatici e bellissimi (le orchidee spontanee, soggetto di un futuro articolo), vi lascio con queste immagini. ciao!

PS Dimenticavo!! Vista l'abbondanza di fiori, ho seguito i consigli della Zia Artemisia e li ho usati per aromatizzare lo zucchero. Come? Cliccate qui e leggete la sua ricetta!!

Viola e muscari. Foto di Andrea Mangoni. Viola odorata. Foto di Andrea Mangoni. Viola canina. Foto di Andrea Mangoni. Viola d'Udine. Foto di Andrea Mangoni. Viola canina. Foto di Andrea Mangoni.

Americanina. Foto di Andrea Mangoni.
Sono tra noi. In tutta Italia, dispersi nei pollai di ciascuna regione, esistono polli di piccola o piccolissima taglia che vengono allevati da decenni pur senza che si sappia quale sia la loro origine. Americanine, Titine, Francesine, Chichine, Pugliesine; sono solo alcuni dei tanti nomi che questi animali si vedono affibbiare su e giù per lo stivale.
E non c'è certo una grande uniformità nelle loro caratteristiche: cresta semplice, o a rosa, o a noce, o a pisello; orecchioni bianchi, bianchi striati di rosso, rossi; tarsi gialli, o neri, o verdi, o bianchi, calzati o meno; ciuffo presente o meno; colorazioni infinite. In genere, solo due cose le accomunano: la piccola o piccolissima taglia (in genere da 500 a 1000 gr) e l'eccezionale propensione delle femmine a covare.
Americanina. Foto di Andrea Mangoni.
Qualunque anziano sarà disposto a giurarvi di averle sempre viste nei pollai, ma curiosamente non se ne trova menzione in nessun testo storico degli scorsi due secoli; non si sa chi siano i loro antenati, da quali razze possano essere derivate, nulla. I vari nomi a loro attribuiti non hanno di solito alcuna attinenza con una reale provenienza geografica: di norma vogliono solo significare che sono animali giunti da lontano, che non facevano parte dei polli locali. Eppure questi polli nani continuano a prosperare, proprio per la loro straordinaria vitalità e per la capacità di dar vita ad una prole sana e forte senza alcun aiuto da parte dell'allevatore, anzi: spesso capita che una di queste gallinelle sparisca e si rifaccia viva poi, dopo 3 settimane, con un codazzo di minuscoli pulcini dietro. Così, accoppiandosi a casaccio con le varie tipologie di pollo localmente disponibili, di generazione in generazione gli animali cambiano continuamente il proprio aspetto, mantenendo però inalterate taglia e istinto alla cova. Queste gallinelle fanno uova piccole, è vero, ma munite di un tuorlo in proporzione più grosso di quello presente nelle uova di dimensioni maggiori. Hanno anche il grande vantaggio di mangiare poco e di essere fondamentalmente autonome, specie se hanno a propria disposizione un pascolo adeguato.
Solo pochi ceppi in Italia sono stati selezionati tanto da poter parlare, riferendosi ad essi, di razze. Anzi, in verità ne è riconosciuto solamente uno: la razza Mericanel della Brianza, di cui spero avremo modo di parlare in futuro. Altri ceppi locali somaticamente molto uniformi devono però essere ancora selezionati a dovere. E' il caso ad esempio del Mugellese o Mugginese. Vanno poi menzionati tanti giovani alevatori che proprio in questi anni stanno selezionando i propri ceppi di Americanine con la stessa passione che dedicano a razze riconosciute e "blasonate", ottenendo risultati davvero molto interessanti. Anche di alcuni di questi spero di poter parlare meglio più avanti.
E nel mio pollaio? Beh, recentemente anch'io ho dovuto capitolare: di fronte all'esigenza di avere chiocce e balie per i miei Polverara, ho portato a casa tre Chichine (nome locale dei polletti nani). Sono gli animali che vedete in foto. Le prime due pesano circa 1 Kg, quella qui sotto - minuscola!! - non arriva ai 400 gr. Hanno già iniziato a deporre... non ci resta che vedere se saranno in grado di mantener alta la propria fama di incubatrici naturali e madri premurose.


*****
AVICOLTURA E BIODIVERSITA': LETTURE PER SAPERNE DI PIU'

 .  . 
 .  . 
*****


Americanina. Foto di Andrea Mangoni.