La Biodiversità in cucina - Se la zucca va all'asta da Sotheby's...

...No, mamma. Questo col CAVOLO che lo vendiamo a Sothesby's! Foto di Andrea Mangoni.
...No, mamma. Questo col CAVOLO che lo vendiamo a Sothesby's!
Ok. La notizia non è delle più fresche, ma è pur sempre interessante. La famosa casa d'aste Sothesby metterà in vendita per una volta non opere d'arte e gioielli, ma cesti di verdura. A prezzi da favola.
In pratica, il prossimo 25 settembre verrànno messe all'asta ceste contenenti ortaggi di varietà rare o antiche, coltivate con metodi tradizionali. Certo, bisogna capire COSA sia l'evento e COSA sia davvero in vendita. Cos'è, l'ultima espressione di un trend? Una furba mossa commerciale? Un'occasione di beneficienza (il ricavato dell'asta andrà a favore di associazioni di volontariato). E cosa si vende, qualche grammo di carbonio ed altri composti chimici organizzati in molecole organiche? Alimenti saporiti? Storia contadina? O biodiversità?
E' stato fatto notare che esiste il rischio che passi un'idea malsana, quella cioè che mangiare bene e mangiare bio stia diventando una roba da ricchi, o che il seed saving sia una cosa per collezionisti. Credo (spero) piuttosto che la gente prenderà questa operazione commerciale per ciò che è, un'operazione commerciale, appunto, o poco più. La realtà è invece un'altra e cioè che sempre più persone decidono di tentare la strada dell'autoproduzione per arrivare ad avere sulla propria tavola cibo che non venga da migliaia di chilometri di distanza, ma dall'orto, dal giardino o dal terrazzo di casa. Sarà poi vero, come ha detto James McWilliams, che si tratta di un'attenzione alle antiche varietà fondata più su un'ideologia che su un'utilità pratica? E' vero che non si possono utilizzare le antiche varietà orticole per le produzioni massali del commercio mondiale? Forse, anzi, certamente sono meno adatte al commercio globale degli ormai ubiquitari ibridi F1; ma le vecchie varietà orticole rappresentano un'enorme ricchezza per tutti coloro che le verdure e la frutta se li producono da sè, e racchiudono in più la straordinaria ricchezza di una biodiversità agronomica vecchia di secoli se non di millenni... ed in più, generalmente sono più gustosi e saporiti degli ibridi! Perchè dovremmo abbandonarle? Perchè perdere un patrimonio di sapori e resistenza alle malattie, di adattabilità alle più avverse condizioni climatiche, di sopravvivenza nei confronti della siccità, e mille altri fattori ancora?
Ecco perchè, seppur lascio volentieri a Sothesby's il privilegio di vendere una zucca rosa a mille euro, mi riservo il piacere di tenere nella concimaia le piante di zucca marina di Chioggia nate dai semi che ho ricevuto da un signore chioggiotto che ogni anno si mantiene le sementi, così come pianterò volentieri il prossimo anno il pomodoro nasone ed un altro ecotipo selezionato da un agricoltore delle Dolomiti: per il gusto di portare in tavola, oltre che tradizione e storia, anche tanto sapore e tanta bontà.
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Pomodori nell'orto. Foto di Andrea Mangoni.

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