Il Carnevale della Biodiversità - 3 - Le dimensioni contano

Lucanus cervus, un lucanide in cui le dimensioni contano. Foto di Andrea Mangoni.
Lo ammetto, quando ho letto il titolo della traccia per questo terzo appuntamento del Carnevale della Biodiversità, ospitato da Mahengechromis,  non ho potuto non pensare che si prestasse un po' troppo a doppi sensi ed allusioni. Così, per non deludere nessuno ho deciso di tagliare la testa al toro e di eliminare ogni dubbio: oggi parleremo di quanto, come e perchè contino le dimensioni nel sesso.
Che in questo ambito le dimensioni COMUNQUE contino, noi uomini (intesi come maschi di Homo sapiens) lo sospettiamo, con sentimenti contrastanti, già da parecchio. E pare proprio che per gli animali le cose apparentemente stiano circa allo stesso modo, seppur in maniere differenti.

A sinistra, coppia di Lucanus cervus con evidente dimorfismo sessuale; a destra, la differenza notevolissima nella forma e dimensioni di testa e mandibole in un maschio telodonte della stessa specie (sopra) ed in uno mesodonte (sotto).
Vogliamo partire dagli insetti? Tra gli esempi più particolari e strani di come contino le dimensioni, anche se non esattamente quelle del fallo, ci sono i cervi volanti di mezzo mondo, ovverosia i Lucanidi. In moltissime specie (tra cui la nostra Lucanus cervus) è presente un dimorfismo sessuale estremamente spiccato, con maschi molto
più grandi delle femmine e dotati di mandibole più lunghe e complesse. Fin qui, nulla di strano; ciò che colpisce però è il fenomeno dell'allometria nei maschi di queste specie, ovverosia la presenza di maschi di taglie, forme e dimensioni differenti, da quelli simili per aspetto alle femmine (forme priodonti) a quelli enormi e molto diversi per aspetto dalle compagne (forme telodonti) passando per quelle intermedie (forme mesodonti). Le differenti dimensioni e proporzioni di un maschio priodonte e di uno telodonte ne influenzano anche le capacità riproduttive. Per iniziare, quali meccanismi agiscono sullo sviluppo di questi insetti e cosa induce la forma finale da essi raggiunta? Ancora, purtroppo, questo non è del tutto chiaro. Sembrano infatti essere coinvolti nel processo sia fattori ambientali che genetici. I maschi telodonti spesso passano allo stadio larvale un tempo maggiore dei loro corrispettivi mesodonti e priodonti. Ad esempio, un maschio telodonte di L. cervus passa in media allo stadio larvale dai sei agli otto anni, mentre un maschio mesodonte impiega dai 4 ai 5 anni per svilupparsi. Inoltre, pare che il regime alimentare seguito dalla larva abbia una notevole importanza (sempre in L. cervus, le larve cresciute su Quercus e Fagus danno di norma maschi più grandi di quelle cresciute su altri tipi di albero). I maschi telodonti hanno un notevole vantaggio sugli altri due tipi di maschio durante i combattimenti, essi sono cioè dotati di armi migliori per la conquista della femmina. Inoltre le grandi mandibole aiutano il maschio a trattenere la femmina durante la copula. Però le grandi dimensioni possono essere un cruccio proprio durante l’accoppiamento: il maschio più grande piò infatti meglio trattenere la femmina grazie alle grandi mandibole, ma può non riuscire a inserire il proprio fallo all’interno del corpo della compagna. I maschi priodonti al contrario faticano a trattenere la femmina con le mandibole, ma possono più facilmente portare a termine l’accoppiamento se la femmina collabora. Insomma, in questo caso le (grosse) dimensioni portano forse più svantaggi che vantaggi!
Drosophila bifurca. Foto: www.abc.net.au.
Un altro notevole caso in cui le dimensioni devono pur contare qualcosa è quello dei piccoli moscerini della frutta, gli appartenenti al genere Drosophila. Quando in settembre vediamo questi minuscoli insetti di pochi mm di lunghezza annegare serafici nei bicchieri di vino, difficilmente potremmo credere che alcune specie di questo genere hanno spermatozoi lunghi la bellezza di 6 CENTIMETRI. Sì, avete capitò bene: 20 volte la lunghezza dell'insetto stesso, in certi casi. Oltretutto, per il maschio la produzione di tali superspermatozoi è un investimento biologico notevole, tanto che esso ne trasferisce solo una cinqunatina per volta ad ogni accoppiamento. Per cercare di spiegare questo fenomeno è stata invocata la competizione spermatica: si è pensato cioè che spermi così grossi, con code tanto lunghe, possano rendere difficile o impossibile agli spermi di eventuali altri maschi di fecondare le uova della femmina prima di loro. Pare però che possano esserci altre spiegazioni più credibili, come ad esempio il fatto che poichè TUTTO lo spermatozoo al momento della fecondazione entra all'interno dell'ovulo, all'interno della lunghissima coda possano essere presenti numerose sostanze di notevole importanza per lo sviluppo del futuro embrione.

Anuri (qui Bufo viridis) e mammiferi (Cervus elaphus), gruppi animali in cui dimensioni e richiami sono correlati. Foto Andrea Mangoni e Wikimedia Commons.
Passiamo ora ai vertebrati. In molte specie, tra cui gli anfibi anuri, molti uccelli e mammiferi, il maschio emette  a lungo richiami per attrarre una femmina ed indurla ad avvicinarsi ed accoppiarsi con lui. A quanto pare, in molti casi i maschi più grossi risultano decisamente più attraenti per le femmine rispetto ai piccoli, ma come fare per dirigersi senza indugio dai compagni ideali senza poterli vedere per giudicarne pregi e virtù? In questo caso è proprio la voce l'arma vincente dei maschi: più sono basse infatti le frequenze di emissione dei segnali, più i maschi che li hanno prodotti sono grandi. Insomma, la voce bassa nei maschi è sexy anche negli animali! E se non è il canto, ad indicare le buoni doti di riproduttore di un maschio, possono essere le sue... corna: pare che nel cervo spagnolo (Cervus elaphus) gli esemplari con corna più grandi siano quelle che producono gli eiaculati migliori, e le femmine che si accoppiano con questi maschi hanno maggiori possibilità di avere una gravidanza.

Anas platyrynchos e Oxyura vittata, specie in cui la lunghezza del pene è proporzionale alla frequenza di stupri extraconiugali. Foto Andrea Mangoni e Improbable.com
Di fronte allo spettacolo di un gruppo di germani reali (Anas platyrhynchos) che nuota pacifico in uno stagno non sospetteremmo certo che si tratti di animali, per così dire, superdotati. Eppure, le dimensioni del pene di queste anatre (anatre che, lo ricordiamo, rientrano in quel 3% di specie di uccelli che possiedono un organo copulatore maschile estroflessibile) raggiungono la non disprezzabile dimensione di circa 18 cm. E le cugine sudamericane della specie Oxyura vittata fanno di meglio: i maschi sfoggiano un lungo - e tortuoso - fallo lungo ben 42,5 cm, più della stessa anatra! A quanto pare, la lunghezza del pene nelle anatre sarebbe correlata positivamente con la frequenza di copule forzate extra coppia in quella determinata specie, ovverosia maggiore è il tasso di stupri tra le anatre di una data specie, maggiore sarà la lunghezza del pene in quella specie. In pratica, pare che  i maschi di quegli anseriformi che adottano la violenza sessuale sulle femmine già felicemente "accasate" per ottenere una discendenza abbiano peni in proporzione più lunghi ed elaborati, che permettono loro di affrontare con maggiori chance di riuscita la competizione spermatica col seme di altri esemplari e fecondare così qualche uovo. Ma la... "corsa agli armamenti sessuali" non poteva essere appannaggio dei soli maschi: le femmine ne sarebbero state eccessivamente svantaggiate. Soccombere passivamente ad uno stupro e mettere al mondo prole di un padre potenzialmente "scadente" sarebbe stato un handicap non da poco. Non dovrebbe perciò sorprendere che le femmine delle anatre similarmente alle galline abbiano adottato una forma di scelta criptica femminile ed abbiano evoluto un canale genitale tanto più complesso e lungo quanto maggiore è la dimensione del pene dei rispettivi maschi. Sebbene il meccanismo completo sia ancora in parte sconosciuto, la presenza di sacche a vicolo cieco e un particolare avvolgimento orario della  cloaca aiuterebbero la femmina a minimizzare la possibilità di restare fecondata durante uno stupro da parte di un maschio che non sia il proprio compagno, in quanto il fallo avvolto in senso antiorario del maschio può avere gioco facile solo se la femmina collabora strettamente con lui. 
Per tornare ai mammiferi, nel caso in cui le femmine siano sessuamente promiscue ci si può attendere che i maschi abbiano evoluto delle strategie di competizione spermatica per poter massimizzare le proprie possibilità di avere una discendenza. Ad esempio, è stato notato come nei roditori e nei carnivori le dimensioni del pene e dei testicoli sono maggiori nelle specie sessualmente promiscue rispetto a quelle monogame, e che sempre le specie promiscue di questi due gruppi fanno sfoggio di glandi più grossi e differenziati, la cui utilità dovrebbe essere quella di eliminare durante il coito eventuali spermatozoi di altri maschi provenienti da rapporti precedenti. Diciamolo subito: è stato visto che nei primati (di conseguenza anche nell'uomo) questo non accade. Alcuni studi effettuati ad esempio per stabilire se uomini promiscui avessero testicoli significativamente più grossi di quelli di uomini strettamente monogami, hanno dato risultati negativi. 
E per finire... quanto e come contano le dimensioni del pene? A quanto pare per una specie di pipistrello, la nottola (Nyctalus noctula), peni di grosse dimensioni sono indicativi della taglia e della miglior qualità fenotipica dei maschi che li esibiscono. E nell'uomo? Confortiamo chi può pensare il contrario: l'uomo possiede, in rapporto alle dimensioni corporee, il pene proporzionalmente più grande di tutti i primati. Secondo alcuni ricercatori italiani, il pene dell'uomo, privo com'è di osso penico, sarebbe un buon indicatore della salute e della qualità genetica del suo portatore: infatti la frequenza delle disfunzioni erettili potrebbe essere aumentata dalle grandi dimensioni del pene, e questo si trasformerebbe in quello che secondo la teoria della selezione sessuale sarebbe un "segnale onesto", un modo di dire alle potenziali partner "eccomi, sono forte e sano". Peccato che generazioni culturali e avversità climatiche, con la loro principale conseguenza (i vestiti), l'abbiano reso per la maggior parte delle etnie un segnale generalmente invisibile nel momento in cui la scelta femminile viene effettuata. E in attesa di sapere da studi futuri se tale ipotesi potrà esser comprovata o meno, per il momento accontentiamoci di sfatare un mito. Che possa piacere (o far comodo) o meno, solerti ricercatori hanno definitivamente concluso che non esiste correlazione alcuna tra lunghezza del piede e lunghezza del pene. Possiamo smettere di osservare troppo il numero delle scarpe e trarre conclusioni avventate, quindi.

Nell'uomo la lunghezza del pene e connessa capacità erettile sono "segnali onesti" di buone condizioni di salute?
"Donneee..... è arrivato Rocco!!"
Foto: Roccosiffredi.it e Facebook.com
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