Fiore di Lychnis coronaria. Foto di Andrea Mangoni.

Quando tornavo a piedi a casa percorrendo il tragitto dalla fermata dell'autobus, c'era un piccolo giardino abbandonato in cui a parte qualche vecchio cespuglio di rose oramai sfatto erano presenti solo erbacce e pochissimi fiori; uno di questi però faceva di tutto per farsi notare, sia per il colore verde argenteo delle foglie sia per i fiori di colore ondeggiante tra il malva ed il ciclamino. Era una piantina vitalissima, che si autoseminava ovunque, anche nelle crepe dei marciapiedi o nei buchi dei mattoni forati, dove cresceva con le sternbergia e con le speronelle. Mi ci sarebbero voluti alcuni anni per sapere che si trattava di Lychnis coronaria.
L. coronaria è una delle cinque specie di questo genere che è reperibile anche in natura in Italia; è parente del più piccolo ma altrettanto affascinante fior di cuculo (Lychnis flos-cuculi) e delle sileni, come lei appartenenti alla famiglia delle cariofillacee; anzi, per alcuni autori pure la nostra cotonaria dovrebbe essere inclusa nel genere Silene. La pianta ha foglie e
Il fiore della rosa Omar Khayam. Foto di Andrea Mangoni.
L'Iram è, in fede, svanita con tutte le sue rose, la sette volte inanellata coppa di Jamshid nessuno più può trovare; ma ancora il vino si accende di rubino, ancora il giardino rifiorisce dove scorre l'acqua.
La mia tomba sarà in un luogo tale, che ad ogni primavera il vento del nord farà piovere fiori sulla terra del corpo mio.
Omar Khayam rappresentava una figura estremamente complessa nel pur arabescato mondo mediorientale della Persia del XII secolo. Astronomo, matematico, esperto di musica, poeta; uomo di scienza e di lettere, dotato di uno stile intriso di malinconia e dolce rabbia per un disegno della Creazione che gli appariva forse, in ragione della morte, troppo effimero per essere appieno gustato. Le sue quartine vennero tradotte in occidente dallo scrittore inglese Edward Fitzgerald, e da qui
Caglio zolfino (Galium verum). Foto di Andrea Mangoni.
Per anni, da bambino, leggendo che le larve di sfinge passera si nutrivano di Galium, mi ero chiesto di che pianta si trattasse. Poi, un bel giorno, sfogliando un libro di botanica l'ho finalmente scoperto: Galium verum, il caglio zolfino, era lì disegnato di fronte a me. Una pianta in apparenza esile, con minuscoli fiorellini gialli. Non mi ci volle molto per scoprire che, in tutta la mia campagna, non ne cresceva che una sola, misera pianticella, quasi soffocata del tutto dall'invece esuberantissima G. mollugo.  provai a più riprese a prelevarne le radici e gli stoloni, ma senza successo. Non attecchiva mai. In compenso la pianta originale un bel giorno finì per cedere il passo alle altre sue concorrenti vegetali, e svanì per sempre dalla campagna.
G. verum in vaso.
Cercai e ricercai la pianticella in giro; la trovai abbondante in tante parti d'Italia, dalla Lombardia alla Toscana, me chissà perché non riuscivo ad individuarla vicino a me.
poi, un bel giorno, passando per una stradina secondaria vicino a casa mia ne trovai una bella colonia lungo l'argine sassoso di un fossato: cresceva in compagnia di trifoglio rosso e salvia dei prati, un connubio anche esteticamente bellissimo, come un arazzo di colori in miniatura. Una vera gioia per gli occhi. Memore delle passate esperienze, stavolta non andai per il sottile: prelevai una piantina con tutta la zolla. E finalmente così facendo il caglio zolfino finì per tornare tra le piante della mia campagna.
Il caglio zolfino è una pianta della famiglia delle
Rosa Ville de Bruxelles. Foto di Andrea Mangoni.
La Ville de Bruxelles è entrata nel mio giardino quasi per caso. Mia moglie Roberta, infatti, aveva deciso di regalarmi due rose antiche in previsione del nostro anniversario di matrimonio. Recatasi al vivaio La Campanella, specializzato in rose antiche, si è resa conto che una delle due varietà che voleva acquistare non era immediatamente disponibile. Così ha deciso di farsi consigliare dalla titolare del vivaio per trovare una degna sostituta, e devo dire che mai scelta si è rivelata col tempo più felice.

Boccioli in vari stadi di Rosa Ville de Bruxelles. Foto di Andrea Mangoni.
La Rosa Ville de Bruxelles ("Città di Bruxelles", in francese) venne ottenuta da Vibert nel 1849 in Francia. E' una damascena dai grandi fiori stradoppi e quadripartiti, rosa intenso che tendono a scolorire leggermente ai bordi. I boccioli, avvolti da sepali dotati di lacinie fogliose, hanno forma a coppa ma una volta del tutto aperti sono appiattiti e larghi, caratterizzati da un profumo dolce e intenso degno delle migliori damascene.

Boccioli in vari stadi di Rosa Ville de Bruxelles. Foto di Andrea Mangoni.
La Ville de Bruxelles è un'arbusto vigoroso, che può arrivare a un metro e mezzo di altezza, caratterizzato da foglie leggermente incurvate di un bel verde chiaro vivace. Gli steli ed i rami hanno pochissime spine, ma molte sottili setole. In definitiva, è una delle rose più belle che io abbia avuto il piacere di trovare e coltivare. L'unico cruccio è che fiorisce una sola volta, in primavera... ma come per moltissime rose antiche, questo dende ancor più intensa sia l'attesa dei primi boccioli sia la soddisfazione di assaporarne per la prima volta la meravigliosa fragranza.

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Foglie e fiori di Rosa Ville de Bruxelles. Foto di Andrea Mangoni

Gallo di Polverara (Boyz II Men). Foto di Andrea Mangoni.
Ok, prima che lo chiediate: sì, è il nome del gallo nero di Polverara protagonista del post. E sì, ho una fantasia malata nel trovare nomi per gli animali, ma   chissà perché mi sembrava adatto a questo galletto che è rimasto nel pollaio per una serie di coincidenze fortuite. 
Iniziamo col dire che Boyz II Men NON avrebbe dovuto restare con me. Era uno dei figli di Pippo che avevo messo tra gli animali cedibili, perché presentava tutta una serie di "difetti" che me lo rendevano difficile da scegliere come riproduttore del mio ceppo di Polverara: innanzitutto aveva un difetto ad un dito, con un'unghia deforme; poi era rimasto purtroppo più piccolo dei suoi compagni di covata, probabilmente non perché geneticamente minuto ma perché essendo l'ultimo schiuso faticava a nutrirsi a causa dell'arroganza dei fratelli.