Avicoltura - Aviaria, nuova epidemia o prematuri allarmismi?

Nuovi casi di influenza aviaria all'orizzonte. Come comportarsi? Foto Andrea Mangoni.

È iniziato.
Lo stillicidio di notizie sull'influenza aviaria è iniziato. Ci aspettano probabilmente settimane di notizie, allarmismi, paure e cattiva informazione. Vale la pena allora iniziare per tempo a parlare di cosa stia succedendo, di cosa sia l'aviaria e di cosa effettivamente aver paura. Soprattutto, cerchiamo di capire se e quanto gli allevamenti rurali siano a rischio rispetto a quelli industriali.

Cominciamo dai fatti. 
Il 14 agosto, a Ostellato, in provincia di Ferrara, viene riscontrato nel corso di alcuni controlli ad un allevamento intensivo la presenza di capi infetti da un virus ad alta patogenicità correlabile all'influenza aviaria, appartenente al sottotipo H7N7. La Regione Emilia Romagna emana subito un'ordinanza per l'attuazione di misure straordinarie di sicurezza, e si da il via non solo all'abbattimento di oltre 128.000 polli, ma anche all'istituzione di zone di prevenzione ma anche a controlli mirati a tappeto sugli altri stabilimenti dello stesso gruppo. Così il 21 agosto la notizia che un secondo focolaio è stato rinvenuto a Mordano, nell'imolese. Scattano quindi gli abbattimenti - si parla di oltre 700.000 capi - e nuovi controlli vengono previsti non solo in Emilia Romagna ma anche nelle regioni contigue. nel frattempo scatta il divieto di esportare polli, vivi o morti, dalla regione in questione, mentre in Liguria si registrano morie di anatre selvatiche. Infine è notizia di stamani che un altro allevamento a Portomaggiore (Ferrara), in cui vengono allevati 18.000 tacchini, è stato riscontrato lo stesso ceppo del virus e che scatteranno quindi immediatamente gli abbattimenti in massa degli animali e le norme di
isolamento previste dalle misure straordinarie intraprese dagli Enti preposti.
A causa di contatti indiretti, potrebbero essere forse istituite altre aree di controllo in allevamenti di ovaiole nel ferrarese e in provincia di Rovigo.

Sono arrivate anche le disposizioni ufficiali dettate dal Ministero della Salute, con tutte le norme volte a bloccare l'espansione del virus sul territorio. Ecco i documenti, che potrete trovare nel sito dell'Istituto Zooprofilattico delle Venezie di Padova, dove si trova anche il Centro Nazionale di Riferimento per l'Influenza Aviaria.


Misure integrative al Dispositivo dirigenziale Prot. DGSAF 16208-P del 21 agosto 2013

Un allevamento industriale di ovaiole. Si capisce facilmente perché il contagio in questi allevamenti proceda a rapidità disarmante. Image source: impresamia.com

Quali sono, nella pratica, le misure adottate? Ecco un'estratto delle principali misure intraprese:

  • controlli in tutti gli allevamenti delle aree interessate e prelievo di campioni sierologici e tracheali inizialmente in base settimanale e successivamente, in assenza di problemi sanitari riscontrati, ogni 21 giorni.
  • controlli sanitari su animali destinati a centri di deposizione, trasporto e raccolta di uova, carcasse di animali uccisi, veterinari, veicoli e personale deputati alla somministrazione del mangime, eccetera.
  • controlli e censimento degli avicoli nelle aziende a contatto con i focolai di infezione, isolamento degli animali, divieto di entrata e di uscita degli animali dalle aziende in questione.
  • nell'area di controllo temporaneo saranno effettuati controlli sanitari per almeno 21 giorni dopo la bonifica dell'ultimo focolaio riscontrato.
Ricordiamoci una cosa molto importante: le disposizioni attualmente in vigore sono rivolte principalmente agli  allevamenti industriali, non agli allevamenti rurali. 
Già in passato, infatti, gli allevamenti rurali hanno dimostrato di essere generalmente meno a rischio di quelli industriali, e il motivo è semplice. Un allevamento industriale conta da alcune decine di migliaia ad alcune centinaia di migliaia di volatili in condizioni di forte sovraffollamento, stress, per di più appartenenti a linee commerciali il cui sistema immunitario risulta essersi notevolmente indebolito nel corso della selezione volta a massimizzarne le produzioni. L'arrivo del virus in un allevamento industriale finisce automaticamente per contagiare migliaia e migliaia di animali nel giro di pochissimo tempo, creando rapidamente una situazione sanitaria insostenibile. Il fatto poi che molti allevamenti industriali siano collegati tra loro in vario modo - trasporto di animali destinati al macello o alla deposizione, fornitura mangimi, eccetera - aumenta esponenzialmente il rischio di ulteriori nuclei di diffusione del virus. Al contrario gli allevamenti rurali, con poche decine o centinaia di animali, il rischio di contagio è inferiore, per via della minore densità di allevamento degli avicoli e soprattutto per il minor numero di possibili contatti tra i singoli allevamenti. Inoltre le razze rustiche a lento accrescimento tendono ad essere più robuste e resistenti. Un esempio pratico: in Lombardia durante un'epidemia di aviaria di pochi anni fa a fronte di un totale di 76 casi registrati di contagio ben 72 erano riferibili ad allevamenti di tipo industriale, mentre solo 4 ad allevamenti di tipo rurale-estensivo. Gli allevamenti industriali in questione rappresentavano oltre il 40% del totale di quella categoria, mentre i 4 allevamenti rurali scomparivano di fronte al numero di circa 18.000 aziende (dati ISTAT).

I polli di razze rustiche allevati con sistema estensivo corrono in proporzione meno rischi di ammalarsi. Foto Andrea Mangoni.


Che cos'è l'influenza aviaria? Si tratta di un virus influenzale, di un Orthomyxovirus di tipo A per l'esattezza, che conta molti sottotipi suddivisi per comodità in due gruppi: virus a bassa patogenicità o LPAI, e virus ad alta patogenicità o HPLI. Variazioni o ricombinazioni geniche possono far variare lo stato del virus, così che ad esempio un virus a bassa patogenicità può diventare ad alta patogenicità. Il virus riscontrato negli allevamenti è del sottotipo H7N7, ad alta patogenicità. Questi virus sono veicolati soprattutto da uccelli selvatici, spesso da animali legati alle zone umide. I sottotipi ad alta patogenicità sono caratterizzati da decorso breve (3-4 giorni) e mortalità elevatissima, vicina al 100% negli animali. Il virus si trasmette tramite feci e materiale oro-nasale.

Può colpire l'uomo? Sì, il virus può effettuare il salto di specie, come già successo in Asia e in Europa, ma questo di norma accade in condizioni igienico-sanitarie pessime, quando gli esseri umani si trovano a strettissimo contatto con gli animali e le loro feci. Attualmente con le misure cautelari messe in atto dal Ministero della Salute il rischio di salto di specie e di possibile trasmissibilità all'uomo è davvero esiguo.

Consumare carne e uova è sicuro? Sì, consumare carne e uova è assolutamente sicuro. Per ulteriore sicurezza - e per mille altri motivi, dalla migliore qualità organolettica al benessere animale - scegliete prodotti provenienti da allevamento di tipo biologico o all'aperto, e non a terra o in gabbia.

Chi potrebbe aver causato il primo contagio? È possibile che il virus sia stato trasmesso da anatidi selvatici, probabilmente da qualche esemplare di germano reale, specie particolarmente diffusa che tende ad aggregarsi nei periodi di muta, con conseguente maggiore pericolo di esposizione al contagio. E come avrebbe fatto il virus ad arrivare negli allevamenti? Forse per insufficienti misure d'igiene e profilassi nel trasporto di materiali dentro e fuori dagli stabilimenti stessi. Il Ministero della Salute ipotizza che inizialmente sia stato diffuso in un allevamento un ceppo LPAI a bassa patogenicità, e che questo possa essere mutato in un ceppo HPAI ad alta patogenicità all'interno di uno degli allevamenti stessi. Ceppi LPAI affini a quello HPAI in oggetto di questo contagio sembrano essere stati isolati in uccelli selvatici italiani.

Cosa conviene fare, allora, per essere pronti a contrastare questa possibile epidemia nei nostri allevamenti rurali? Ecco a mio avviso quali sono i punti di maggiore importanza su cui focalizzare la nostra attenzione:
  • Osservate scrupolosamente le più elementari norme igieniche: lavatevi le mani dopo aver lavorato nel pollaio, non portate le mani sporche agli occhi, al naso o alla bocca, ed evitate che gli animali possano defecare in casa. 
  • Se abitate in Emilia Romagna o regioni limitrofe, cercate di impedire che gli uccelli selvatici abbiano accesso ai pollai e alle mangiatoie. In particolar modo, sono da tenere alla lontana anatidi selvatici e altri uccelli palustri.
  • Se visitate allevamenti avicoli, industriali o rurali, nelle regioni a rischio evitate poi di entrare nel vostro allevamento usando lo stesso abbigliamento e le stesse calzature. Idem se visitate zone umide soggette a presenza di uccelli palustri. 
  • Non fate entrare nessun estraneo nel vostro allevamento senza precauzioni. Fategli indossare degli appositi copriscarpe in plastica o magari un paio dei vostri stivali. 
  • Non comprate animali da inserire nel vostro allevamento da consorzi agrari o simili, ed evitate per quanto possibile di acquistare ibridi commerciali (sia da carne che da uova).
  • Ripensate i ricoveri notturni degli animali in vista di possibili ordinanze restrittive riguardanti l'allevamento all'aperto. Se costretti a confinare gli animali da noi allevati in ricoveri notturni, valutatene le dimensioni delle aperture per la ventilazione e per l'illuminazione naturale. Calcolate uno spazio minimo di 1-3 metri quadrati per capo, e destinate da 1/4 a 1/3 della superficie totale a posatoi notturni. Utilizzate una lettiera fortemente assorbente, come il truciolo depolverato, per limitare i rischi di eccessiva umidità e di effluvi malsani. Cambiate regolarmente la lettiera sostituendola con materiale fresco. Assicuratevi che il ricovero sia ben areato, e chiudete con doppia rete antipassero le possibili aperture. Garantite agli animali cibo di prima qualità; non esagerate con la razione proteica per evitare l'insorgenza di fenomeni di cannibalismo.
Soprattutto, non lasciatevi contagiare dalla psicosi "aviaria". Non lasciate che sia la paura di ciò che non conoscete a ragionare per voi. Non esiste ad oggi (24/08/2013) alcun serio pericolo per la salute umana, e fino a che non saranno conclamati MOLTI casi di contagio questo rischio non esisterà. Men che meno esiste ora come ora rischio di pandemia. 
Fate attenzione ai vostri animali, e cercate di gestirli e curarli nel modo migliore possibile. Vedrete che con un po' di attenzione (e fortuna) tutto andrà per il meglio.
*****
PER APPROFONDIRE
. .

2 commenti:

Unknown ha detto...

Appunto per quanto esposto(la malattia è portata da uccelli selvatici) tutti gli allevamenti all'aperto anche amatoriali NON SONO SICURI mentre quelli industriali, al chiuso e monitorati sono sicurissimi

Andrea Mangoni ha detto...

...sono così "sicurissimi", che l'attuale contagio è avvenuto proprio in tre allevamenti industriali, al chiuso e monitorati, mentre non ci sono notizie di allevamenti biologici all'aperto colpiti, per ora. sono così "sicurissimi" che in lombardia durante una scorsa epidemia d'aviaria furono colpiti il 43% degli allevamenti industriali ed lo 0,023% degli allevamenti rurali.
Proprio perché sono al chiuso ed hanno concentrazioni di animali così elevate - centinaia di migliaia per capannone, a volte - il rischio di diffusione e mutazione del virus è maggiore. e se è vero che essendo all'aperto un animale allevato col biologico è potenzialmente più esposto al contagio, è anche vero che la diffusione dello stesso viene fortemente limitata dalla minor concentrazione di animali e soprattutto dall'isolamento dei singoli allevamenti.