Eventi - Il 2014 è l' anno internazionale dell'agricoltura familiare

L'agricoltura familiare: una straordinaria via per produrre cibo di ottima qualità. F. Andrea Mangoni. 

Il 2014 è stato nominato dalle Nazioni unite Anno Internazionale dell'Agricoltura Familiare (International Year of Family Farming). Si tratta di un passaggio di fondamentale importanza per sottolineare il potenziale degli agricoltori familiari e degli hobby farmer per produrre cibo in quantità difficilmente stimabile ma certamente in grado di sfamare miliardi di persone.
L'impatto dell'agricoltura familiare sulla gestione delle risorse naturali è infatti incredibile, e può avere risvolti incredibilmente positivi... oppure negativi.

Così, al vedere oggi i dati di Coldiretti, che mostrano come orti urbani e comunali stiano tornando sempre più in voga tra giovani e meno giovani, c'è chi ha pensato bene di associare questo dato unicamente con un ritorno al risparmio dovuto alla crisi; orti fatti "per miseria", quindi. Ma è una visione miope di un fenomeno che coinvolge sempre più persone, alla ricerca (dopo decenni di spersonalizzazione del lavoro, della fatica e dell'ambiente) di un rapporto più diretto con la terra, il cibo, la natura. Certo, esiste un concreto risparmio economico; dovrebbe fare schifo? Nel corso dell'anno un orto di 30 o 40 metri quadri può portare una famiglia a risparmiare centinaia di euro, depennando dalla lista della spesa molte delle verdure di stagione. Ma questo non può far dimenticare che le persone si avvicinano sempre più all'orticoltura e in generale all'hobby farming anche nella speranza di avere cibo più genuino, più buono, più vero.

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La città inglese di Todmorden è divenuta grazie famosa per un'agricoltura sociale oltre che familiare che le permetterà di divenire autosufficiente per frutta e verdura entro il 2018. La notizia ha fatto il giro del mondo, ma in verità non dovrebbe stupire troppo chi ha ricordi che vanno più in là di qualche decennio. 

Uno dei cartelli presenti a Todmorden, che invita a coltivare le aree verdi della città raccogliendo con rispetto e senza spreco il cibo necessario. Fonte: SlowFood.it.

Durante la seconda guerra mondiale il deterioramento dei rapporti diplomatici e dello scambio di merci tra le
nazioni condusse a trasformare molti spazi pubblici delle città, italiane come straniere, in orti e campi di grano. Erano gli "orti di guerra" italiani, o i "victory gardens" di USA e Gran Bretagna. I giardini del Foro Romano divennero campi di grano; nei paesi anglosassoni gli orti di guerra arrivarono a produrre fino al 10% del fabbisogno di verdure delle nazioni in questione.

Orti di guerra a Roma durante il secondo conflitto mondiale. Foto da www.inilossum.com.
Trebbiatura del grano a Piazza Castello, Torino. Foto da comune.torino.it.

Il lato economico però da solo non è l'unico fattore rilevante.
Delle migliaia di varietà orticole e cerealicole selezionate nei secoli dalle civiltà contadine di tutto il mondo, solo una minima parte è ancora esistente: negli ultimi decenni un'enorme quantità di biodiversità agronomica è andata perduta, e solo grazie agli hobby farmer e all'agricoltura familiare abbiamo potuto salvare ciò che di buono ancora è rimasto. Gli agricoltori familiari hanno decretato la sopravvivenza di tutta una serie di varietà altrimenti condannate all'abbandono dalla loro intrinseca difficoltà di commercializzazione: una pesca con la buccia così sottile da sciogliersi tra le dita non potrebbe resistere ai trasporti e alla commercializzazione, ma può continuare senza problemi a far bella mostra di sé nel frutteto familiare, e tramite processi simili è stata decretata la salvezza di numerose varietà di frutta e verdura.
L'importanza di rimettere l'agricoltura familiare al centro dei programmi di sviluppo nazionali e regionali di molti Paesi del mondo non deriva solo dalla sua importanza nella difesa della biodiversità, ma anche dal fatto che le popolazioni e le etnie legate all'agricoltura familiare sono spesso tra quelle più in pericolo di scomparire. 

Solo l'agricoltura familiare ha permesso la salvaguardia della biodiversità agronomica. F. Andrea Mangoni.

Ma l'agricoltura tradizionale e quella familiare non sono sempre un toccasana per i popoli e per la terra. Il caso del lago Alaotra in Madagascar è emblematico di questa situazione. 
Il lago Alaotra è il maggiore del Madagascar, e per secoli ha rappresentato uno dei principali punti di produzione del riso nell'isola. L'agricoltura tradizionale si basava sulla tecnica del "taglia e coltiva": la foresta sulle pendici delle rive del lago veniva tagliata o bruciata, i terreni erano usati per coltivazioni familiari, e infine una volte esauritasi la fertilità dell'appezzamento disboscato, questo veniva abbandonato e veniva riconquistato dalla foresta, mentre i contadini passavano a disboscare altrove. Questa tipologia di coltivazione, ovviamente, è stata sostenibile solo fino a quando la popolazione è rimasta esigua; ma col crescere della concentrazione umana sulle rive del lago, il disboscamento è salito a livelli tali da non permettere il rigenerarsi della foresta; e i terreni nudi hanno iniziato a collassare nel lago, non più protetti dall'azione antierosiva della foresta, col risultato che le dimensioni di quest'ultimo sono andate riducendosi fino ad appena il 30% di quelle originarie, minandone totalmente la capacità di produrre riso - tra l'altro - condannando l'isola a dover importare questo cereale base dell'alimentazione locale. Un effetto devastante per l'ambiente, per la popolazione e per l'economia dell'isola.

L'agricoltura familiare va quindi visto come uno strumento prezioso per la salvaguardia della biodiversità agronomica, per la salvezza di intere popolazioni, per la creazione di reddito e soprattutto per la produzione di cibo di ottima qualità a basso impatto ambientale, ma solo se viene affiancata da un'opera concreta di formazione e istruzione specie in quei Paesi dove più basso è il tenore di vita degli agricoltori. E proprio sulla fruizione di cognizioni relative a ecologia, ambiente, agronomia verterà la sfida maggiore per l'agricoltura familiare del domani.

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