La colazione dei contadini veneti negli anni '40 e '50 del secolo scorso.

La colazione dei contadini veneti - Latte, polenta e pane.

Capita, a volte, di attraversare un confine invisibile, un confine tra due mondi distanti tra loro. 
A volte è un confine simbolico, a volte emotivo, a volte fisico e reale. 
Mi è capitato, qualche giorno fa, di entrare nelle stanze di un'antica casa abbandonata di contadini veneti. Il grande camino, parzialmente demolito, resisteva ancora, e così il lavello di pietra, accanto ad esso; a fianco le scale di legno, che portavano al piano superiore, e di fronte ad esse una porta faceva accedere alla sala da pranzo. Qui nulla restava, dell'antico arredamento, se non una vecchia stufa a legna, sventrata e divelta, e uno sgangherato carrello porta televisione. ma per terra, tra il sudiciume, quasi del tutto incolume, c'era una vecchia tazza di porcellana. Una tazza come quelle che aveva mio nonno, bianca, col bordo sottile in oro. 

Il camino e il lavello dell'antica casa abbandonata.

Nel prenderla in mano ho rivisto e ritrovato il mondo dei contadini, un mondo ormai svanito, secoli di tradizioni perduti in pochi lustri dopo le rivoluzioni culturali e
sociali del dopoguerra. In quella tazza ho ritrovato mio nonno, e i suoi racconti sulla sua vita quotidiana, compreso su ciò che costituiva la dieta dei contadini degli anni '50.

La polenta abbrustolita non poteva mai mancare...

La vita, per chi viveva in campagna, non era semplice né agiata. Al mattino occorreva alzarsi prestissimo per andare a lavorare i campi, e la colazione era immancabilmente sempre la stessa: una tazza di latta, spesso quello delle proprie mucche, in cui intingere fette di polenta. La polenta era quella della sera o del giorno precedenti, tagliata a fette e messa ad abbrustolire. A volte, ma era un lusso non sempre possibile, al posto della polenta si poteva inzuppare qualche fettina di pane, magari imbiancata da una spolveratina di zucchero. A volte qualcuno metteva vicino alla frugale colazione una fettina di salame, ma non troppo spesso. La polenta era spesso bianca, ottenuta dal mais biancoperla o da altre varietà locali, che ben si prestavano alle tecniche di coltivazione del tempo.
Era, questa, la colazione di un'infinità di persone, legate a doppia mandata alla vita e ai lavori della campagna. Una colazione sostanziosa, adatta a chi doveva affrontare un lavoro duro che sarebbe terminato solo a sera, spesso solo con una breve pausa per il pranzo nel mezzo. 

Il pane veniva cosparso di zucchero.

Trovare quella tazza è stato un po' ritrovare le esistenze di quelle persone. L'ho presa, portata con me e ripulita, per poterla fotografare e riportare in vita momenti di quotidianità. E quando avrà terminato di fare da modella, pulita e lustra verrà riportata all'anziano proprietario della casa abbandonata, perché anch'egli possa ritrovare una parte della propria storia. 

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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Anche a me piace visitare questi posti dove hanno vissuto i nostri Avi e immergermi in quel tempo.

Andrea Mangoni ha detto...

ti capisco, sembra di entrare in un altro mondo!